L’edizione 2009 del premio di poesia Baghetta è stata vinta da Roberto Piumini, con “Il piegatore di lenzuoli” edito da Aragno. Gli altri finalisti erano:
Roberta Dapunt, “La terra più del paradiso”, Einaudi;
Nelo Risi, “Né il giorno né l’ora”, Mondadori;
Francesco Tomada, “A ogni cosa il suo nome”, Le voci della luna.
(Il disegno della locandina è di Alessandra Locatelli)
Sindrome di Pignagnoli. Rara forma patologica riscontrata in alcune zone della Lomellina e dell’Oltrepò. Chi ne viene colpito si assopisce improvvisamente per un lasso di tempo che può variare da qualche secondo a qualche ora. Al risveglio il soggetto in questione ha la tendenza a discolparsi per ogni tipo di cattiva azione che pensa di aver compiuto; per il disagio che, nella sua mente parzialmente deviata, ha portato nella società in cui vive e che può materializzarsi in un furto di caramelle come anche in un omicidio plurimo. La bizzarria propria di questo tipo di sindrome è che il fatto in questione spesso non è mai accaduto. Portiamo l’esempio di Manlio Pignagnoli, il paziente che per primo ha avuto i sintomi della sindrome e a cui ha gentilmente donato il proprio nome: nel marzo del 1999, al risveglio dopo tre ore di intenso sonno, tentò di discolparsi per settimane dall’inesistente accusa di aver ucciso il sindaco di Gambolò, in realtà vivo e vegeto. Ci volle del tempo per portarlo alla guarigione, e anche molta pazienza: le sue continue scuse cominciavano a essere veramente stressanti.
Probabilmente l’origine del disturbo deve essere individuata nel periodo dell’assopimento, nel quale è possibile nascano e si sviluppino sogni malvagi e inquinati che poi, al momento del risveglio, si fissano nella mente del malato, sostanziandosi all’improvviso e apparendo in tutto e per tutto come veri e reali. La sindrome è momentanea, così come la sua guarigione. Uno pensa di essere guarito e invece ci ricasca quando meno se l’aspetta. Ma vale anche il contrario: quando ormai sembra che non ci sia via di speranza, ecco che il malato si libera del senso di colpa, smettendola di seccare le persone che gli stanno accanto. In genere, però, la conclusione del periodo di malattia (che può anche essere brevissimo, anche solo qualche minuto) è sempre positiva e commovente: le scuse del malato sono talmente convincenti e sentite che, nella maggior parte dei casi, chi gli è accanto finisce per perdonarlo, fra abbracci e affettuose pacche sulle spalle in segno di contentezza. Fino a quando non ricomincia l’assopimento, ovviamente.
(In alto: disegno di Jessica Lagatta)
Roberto Amato, Il Disegnatore di alberi, Elliot 2009.
Si potrebbero dire molte cose su Roberto Amato. O anche niente. Anzi, forse sarebbe meglio non dire niente, mi sembrerebbe più adeguato alla sua condizione di poeta in fase di sparizione. Sì, perché è un dato di fatto che Amato, come poeta ma anche come uomo, si sta estinguendo. Il suo ultimo libro, Il disegnatore di alberi consta di sole 93 pagine, mentre il precedente,L’agenzia di viaggi era di 163 pagine e il primo, Le cucine celesti, di ben 172! Di queste 93 pagine, 20 – dico 20 – sono completamente bianche, quindi Amato ha dato alle stampe appena 73 pagine di poesia, che è il suo record negativo. Leggi tutto…
Insegnanti, ricercatori e studiosi in difesa del valore della Costituzione Italiana: firma la bozza d’appello
giovedì, dicembre 24, 2009
Di Roberta De Monticelli
Un pericolo grande minaccia in questo momento la nostra comunità nazionale. Se ci arrischiamo a denunciarlo pubblicamente, in un modo e con mezzi che non sono quelli del nostro mestiere – e cioè l’insegnamento e la ricerca – è perché non ci pare che ce ne sia ancora sufficiente consapevolezza. Scorgiamo segni di questo pericolo in alcune dichiarazioni pubbliche di esponenti politici, in particolare quelle che urtano manifestamente contro alcuni articoli della nostra Costituzione: il pericolo è la distruzione degli elementari presupposti etici o pre-politici di uno Stato di diritto.
Senza alcuni elementari presupposti, il principio di maggioranza non basta a tutelare il cittadino da ogni sorta di abusi e arbitri di chi detiene il potere, come dimostra la tragica esperienza dei totalitarismi del secolo scorso, e dei regimi populistici e autoritari che si prolungano in questo secolo. Chiunque dovrebbe riconoscere questo fatto, a prescindere dalle sue posizioni o simpatie politiche.
Se chiamiamo “etici” questi presupposti, è perché essi, giunti a chiara formulazione come principi dopo l’esperienza tragica del secolo scorso, sono principi universali che vincolano al rispetto dell’eguale dignità e degli eguali diritti di ogni persona. In quanto recepiti nella Costituzione, questi principi vincolano ogni futura legislazione al rispetto di questo criterio, e quindi tutelano ciascuno di noi nei confronti di ogni abuso o arbitrio che possa esserci inflitto da chiunque eserciti il potere.
Secondo la nostra Costituzione (Art. 2) “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. Ma il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo (recepito in effetti anche nei suoi due punti fondamentali all’Art. 3 della nostra Costituzione), recita che “Tutti gli uomini nascono liberi e uguali in dignità e diritti”.
Dietro questa formulazione leggiamo i due principi che definiscono in campo morale e civile la modernità, da Kant paragonata all’età della ragione, all’età adulta degli uomini, alla loro maturità morale. I due principi sono (1) il principio di autonomia della persona, che non è per natura o nascita soggetta alla volontà di nessuna altra persona; ogni persona – in quanto soggetto di convinzioni, valori, scelte e azioni – è riconosciuta godere di dignità non inferiore a quella di nessun’altra; (2) il principio di eguaglianza di fronte alla legge di tutte le persone, che questa loro autonomia possono esercitare soltanto nei limiti stabiliti dai codici civile e penale.
I principi di autonomia e di eguaglianza sono in effetti impegni obbliganti per ogni futuro legislatore in materia, rispettivamente, di libertà civili e di giustizia. Proprio per introdurre limitazioni oggi incostituzionali nella sfera delle libertà civili (in materia di fine vita, di espressione, di stampa, di opinione e coscienza) e nella sfera della giustizia (impunità di chi ricopre incarichi istituzionali anche relativamente a reati commessi non nell’esercizio di tali incarichi) si suggeriscono revisioni della Costituzione che potranno vanificare precisamente i fondamenti pre-politici del nostro Stato, posti a garanzia del suo essere e restare uno Stato di diritto.
Tacere di fronte alla minaccia che grava sopra questi fondamenti è in qualche modo rendersene complici. Qualcuno ha parlato del “grande silenzio” degli intellettuali di questa generazione come momento essenziale di un declino morale e civile del nostro Paese. Il silenzio, il conformismo, l’indifferenza sono l’altra faccia della sopraffazione dell’argomentazione razionale attraverso la violenza dei toni e delle parole, invalsa in molti talk show, o del soffocamento del dibattito pubblico nell’incongruo linguaggio dell’odio e dell’amore. Ma se viene da chi ha un ruolo nella formazione dei giovani attraverso la scuola e l’università, e più in generale dell’opinione pubblica attraverso la scienza, l’arte e la cultura, indifferenza e silenzio sono segni di irresponsabilità anche di fronte alle generazioni future: contribuiscono a restringere sempre più il margine di libertà e le speranze di giustizia di chi seguirà.
Invitiamo dunque tutti coloro che sentono la loro parte di responsabilità nella costruzione del comune avvenire a rafforzare con la loro adesione, e soprattutto con la loro libera voce, questa denuncia del grave pericolo che siano distrutte le basi di una società civile degna del nome. E con esse le speranze dei nostri padri e l’avvenire dei nostri figli.
L’appello è una bozza in fieri alla quale nelle prossime settimane s’intende dare massima diffusione. Ogni commento in calce da parte di chi intenda sottoscriverlo, volto a migliorarla o integrarla, è benvenuto. Grazie.
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