Francesca Duranti: Un anno senza canzoni

Ho scritto “Un anno senza canzoni” per raccontare la solitudine e la profonda infelicità  di una ragazzina apparentemente non a rischio. E’ intelligente, bellina, brava a scuola,  non beve e non si droga,  ha una famiglia senza problemi economici.
La solitudine  degli adolescenti è un tema che mi commuove molto, per conseguenza questo è un libro molto diverso da altri che ho scritto. Io sono timida, e certo  non sono tagliata per esprimere la mia commozione tanto che, a volte, penso di aver proprio sbagliato mestiere. Uno scrittore deve spiattellare i propri intimi sentimenti in modo molto più immediato di quanto facciano pittori o musicisti. Noi ci scopriamo in caratteri neri su carta bianca, in parole contenute nel dizionario. Ci si può mascherare un po’ dietro a varie forme di  sperimentazione, ma un lettore mediamente accorto ci becca subito.
Per questo “Un anno senza canzoni” – certo il mio libro più tragico -  è forse anche quello  più divertente. C’è qualcuno che si ricorda “Zazie dans le Métro”.  Era una vicenda che si svolgeva in un ambiente tragico e si concludeva con una carneficina. L’autore aveva la massima partecipazione per la sua storia, la massima simpatia per i  suoi personaggi eppure il romanzo era  irresistibilmente spiritoso.  E’ come uscire nel bosco da soli, al buio, e fischiare per darsi coraggio.

da www.francescaduranti.it

  1. trasciatti on Dom, 04/19/2009 - 22:49

    Gentile signora Duranti,

    non ci conosciamo: ci siamo soltanto sfiorate una volta in occasione di una delle interviste che faceva Elkann. Io mi ricordo di lei, è improbabile che lei si ricordi di me.

    Volevo solo dirle che ho appena finito di leggere il suo ultimo libro "Un anno senza canzoni". E che l'ho trovato straordinario. Potrei riempire di una serie di motivazioni la scelta di questo agggettivo, per esempio la freschezza, assolutamente giovanile del linguaggio, ma soprattutto la capacità di entrare  con estrema verità, coraggio e partecipazione, dentro a un problema, quello della solitudine giovanile al femminile, ambientata ai giorni nostri, ma altrettanto vera ieri e persino l'altro ieri, quando le adolescenti eravamo noi.
    Bello il suo libro. Bella e coraggiosa la verità, sempre censurata e autocensurata, del rapporto di un'adolescente (femmina) con la sessualità. Vorrei dirle tante altre cose. Scelgo di dirle solo grazie, non più e non tanto da parte mia che l'età giovanile l'ho superata da tempo, ma da parte delle figlie e delle sorelle più giovani: i libri hanno una ragione di essere scritti, pubblicati e letti se finalmente aiutano a sentirsi meno soli, se escono dal coro, se trovano modi di superare l'oramai quasi insuperabile barriera dei luoghi comuni che purtroppo infesta anche quelli che impropriamente vengono definiti e venduti come "libri".
    Grazie quindi. Complimenti, e moltissimi auguri.

    Anna Maria Mori