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Dark0: Uomini e pecore, seconda puntata
Dom, 03/14/2010 - 11:03 | Aggiungi un commento
2.
Dopo che questa primavera Marco Riccio si è sposato, io sono rimasto l'unico.
L'unico insieme a Stella, naturalmente. Almeno fino a domattina, quando Stella Manfredi convolerà a nozze con l'artistoide cuneese Nicola Berlin, meglio conosciuto nel circuito artistico come “Il Berlin”.
Cognomi così – che finiscono in consonante e che ricordano famose capitali europee – dovrebbero in partenza suscitare sospetti in qualsiasi persona di buon senso.
Mai fidarsi di persone con cognomi strani.
Ho girato l'Italia in lungo e in largo: ho passato i primi anni della mia vita a Roma, poi ho seguito i miei e sono andato verso sud: gran parte della mia infanzia e della mia adolescenza le ho vissute in Calabria e, una volta grande, estremo nord; prima quello dell'est e poi quello occidentale; sono infine ritornato a Roma, giusto per non dimenticare le origini e, ultimamente, sembra mi sia assestato nelle zone toscane: Pisa e dintorni. Inutile dire che di persone ne ho conosciute tante e anche con cognomi decisamente strani.
La dottoressa friulana che mi doveva operare alla spalla dopo il mio incidente in moto nel duemiladue, per esempio, di cognome faceva Bordon.
La mia spalla ora va bene. La lussatura guarita in poco meno di tre mesi, però.
Però la dottoressa Bordon si è dimenticata qualcosina prima di ricucire tutto e adesso c'ho questo pezzetto di osso che esce dalla scapola che non si capisce bene da dove venga.
È piccolo, vero, però c'è. Sembra una specie di brufolo eterno. Una felice mutazione firmata Bordon. Va da sé che avrei dovuto seguire il mio istinto: non dovevo fidarmi.
Doveva operarmi qualcun altro. Qualcuno con un nome più rasserenante, che so: Colombo o Lombardi o anche De Luca, Mancini, Viganò...
E se questa regola non scritta vale per i medici, figuriamoci per gli artisti.
A onor del vero bisogna dire che Stella è sempre stata attratta da una particolare tipologia di persona. Artista maledetto, abbastanza al margine, se vogliamo anche un po' anacronistico, capelli lunghi neri e nessun desiderio di lavarli ancora per molto, silenzioso quello che basta a far pensare agli altri che ha molto da dire, ma preferisce tacere. In sintesi un Baudelaire/Verlaine sempreverde, che era un po' la versione integralista di me tra i venti e i ventun anni.
Nicola Berlin di anni però ne ha una quarantina e non so se corrisponda all'archetipo Stella, non avendolo mai visto né dal vivo, né in foto, e figuriamoci in video. Era un po' come con le pecore. Ma mentre sentivo che la storia delle pecore e di questa mia mancanza avrebbe potuto avere ripercussioni sul mio futuro prossimo, della vista preventiva del sig. Berlin ero sicuro di poterne fare a meno senza aggravanti ulteriori sulla mia vita. E infatti quando ho saputo che si sarebbe sposato con Stella, non mi sono affannato a ricercare istantanee del Berlin in rete per scoprire di che colore avesse capelliocchifacciaorecchie.
L'interesse per l'arte contemporanea mi è passato vicino come il treno del video di Living on the Edge degli Aerosmith prima che Joe Perry facesse l'assolo. Poi con lo stesso brivido con cui era venuto se n'è andato, lasciando una scia di inutilità e reperti archeologici di socialità espansa. Mi riferisco ad un anno fuoricorso qualsiasi a Torino, a una vita da smidollato passato tra atelier e gente con la erre moscia, giovani omosessuali pronti a cambiare opinione al primo pompino e siure torinesi in preda a orgasmi multipli davanti alle installazioni dell'artista tedesco del momento, ospite di Artissima.
Se l'ambiente dell'arte contemporanea mi ha rigettato come si rigetta una compilation di gintonic e rumepera ai Murazzi del Po dopo l'ennesima sbornia per riscattarmi da un inverno torinese di attese e aspettative, allora voleva dire che quello lì non era proprio l'ambiente adatto a me. Per quanto io dentro mi senta un artista, ho deciso senza rammarico di starmene lontano da quella fauna per un po', in pieno isolamento mistico da anno sabbatico senza fine.
Il pensiero di ripiombare dentro quel mondo anche solo per un'occasione mondana come un matrimonio, mi costringeva a massaggiarmi la pancia nervosamente tra memorie del passato e profezie sull'immediato futuro, mentre la mia Twingo correva veloce sull'autostrada Azzurra costeggiando le Cinque Terre, direzione culo del mondo provincia di Cuneo.
E infatti solo nel culo del mondo potevo rimanere bloccato da un gregge di pecorelle sambucane in una strada che è una deviazione di un'altra strada che già di per sé a chiamarla così era farle un complimento.
Per un momento penso davvero che me lo sia meritato.
Questa è la giusta punizione per essermi fatto Facebook e aver, con maniacalità e impressionante meticolosità, contattato tutte – e dico tutte – le persone con le quali avevo condiviso la quinta B del liceo Cavour anno millenovecentonovantacinque e, non pago, aver monitorato ogni loro spostamento. Costruitomi una sorta di griglia su Excel poi, mi sono messo a spuntare tutte le coppie formatesi nel corso degli anni e con precisione da serial killer, ho fatto in modo di essere invitato ad ogni loro matrimonio, sia esso in chiesa o in comune, sia esso a Roma o alle isole Caiman.
Volevo vederli tutti. E tutti sposati.
E ci sono riuscito.
Quasi.
Domani tocca a Stella, che è l'ultima.
A parte me, naturalmente.
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