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Altri foscolismi
Lun, 04/21/2008 - 09:42 | Aggiungi un commento
Ugo Foscolo: A se stesso
Riportiamo anche qui il commento del nostro don Gennaro Auletta a questo sonetto: Composto tra la fine del 1800 e i primi di gennaio del 1801. Il poeta, allo scadere del secolo, contempla i suoi "quattro lustri" (in realtà aveva ventitré anni), trascorsi tra "l'errore, l'ira e l'ambascia" e si ripromette di vivere meglio, dedicandosi agli studi letterari e storici, i soli che possono dargli gloria e consolazione.
Che stai? già il secol l'orma ultima lascia;
Dove del tempo son le leggi rotte
Precipita, portando entro la notte
Quattro tuoi lustri, e oblio freddo li fascia.
Che se vita è l'error, l'ira, e l'ambascia,
Troppo hai del viver tuo l'ore prodotte;
Or meglio vivi, e con fatiche dotte
A chi diratti antico esempj lascia.
Figlio infelice e disperato amante,
E senza patria, a tutti aspro e a te stesso,
Giovine d'anni e rugoso in sembiante,
Che stai? Breve è la vita e lunga è l'arte;
A chi altamente oprar non è concesso,
Fama tentino almen libere carte.
A Zacinto
Auletta: Uno dei più belli e perfetti sonetti...il verso procede musicalmente su un tono lento e quasi sospiroso, rotto alla fine da quel "prescrisse - il fato illacrimata sepoltura" che è come un singhiozzo represso.
Né più mai toccherò le sacre sponde
Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
Del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
Col suo primo sorriso, onde non tacque
Le tue limpide nubi e le tue fronde
L'inclito verso di colui che l'acque
Cantò fatali, ed il diverso esiglio,
Per cui bello di fama e di sventura,
Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
O materna mia terra; a noi prescrisse
Il fato illacrimata sepoltura.
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