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Mandolini Scomparsi
Ven, 02/06/2009 - 11:06 | Aggiungi un commento
Erano gli anni del fascismo. Si racconta che, nelle sere d'estate, da Lucca si diffondesse un suono di mandolini udibile a chilometri di distanza. Un nutrito gruppo di musicisti percorreva in lungo e in largo la piana suonando arie d'opera e canzoni popolari, attirando ogni volta moltissimi spettatori, "arunando gente", come si dice a Lucca. Erano i musicisti dell'Unione Mandolinistica Lucchese, un'associazione fondata nel 1922 da Silvio Meschi ed attiva fino all'inizio della seconda guerra mondiale. Meschi, assieme ad un pugno di amici appassionati di mandolino, affittò per dodici lire una stanzetta in piazza San Francesco, ma ben presto le adesioni si moltiplicarono e il gruppo si trasferì in una sede più ampia nello storico Palazzo Guinigi.
La Mandolinistica Lucchese, sotto la direzione del maestro Ugo Marsili, divenne un'orchestra considerevole, formata da una quarantina di elementi che suonavano ogni sorta di strumenti a plettro e a pizzico: mandolini, mandole, chitarre, chitarroni, contrabbassi, l'arpa. Ma non mancavano gli strumenti a percussione come i timpani, le campane a tubo e lo xilofono. Un insieme dal forte impatto sonoro, la cui fama varcò ben presto i confini cittadini, come testimoniano i più di cento concerti tenuti in tutta la Toscana ed anche fuori. La Mandolinistica Lucchese, infatti, si esibì a Livorno, Arezzo, La Spezia, Bergamo e in molte altre città italiane. Chi li ricorda, dice siano stati memorabili i quattro concerti mandati in onda da Radio Firenze. All'attività concertistica si affiancò anche una scuola che preparava i giovani allievi.
Quelli della Mandolinistica erano musicisti dilettanti che realizzavano versioni strumentali di arie di autori celebri, da Wagner a Bizet, da Verdi a Mascagni, da Puccini a Catalani. Ma si trattava di dilettanti di lusso, tanto che a volte si univa loro un chitarrista d'eccezione, ammirato (sembra) addirittura da Segovia: quell'Italo Meschi noto anche come il "Cristo di Lucca" per la barba fluente ed i capelli lunghi. Per gli stranieri, si sa, l'Italia è luogo di sole, spaghetti, pizza e mandolini. E questo ci irrita non poco e a ragione. Ma, come in tutti i luoghi comuni, un fondo di verità c'è, perché il mandolino è stato uno strumento davvero popolare. La Mandolinistica Lucchese era in buona compagnia, all'epoca, dal momento che orchestre simili fiorivano un po' dovunque per tutto lo Stivale e tuttora ne esistono circa sessanta che fanno capo all'Associazione Mandolinistica Italiana.
Erano gli anni del fascismo, dicevamo, e dopo un periodo di vita autonoma, la Mandolinistica Lucchese fu incorporata d'autorità nell'Opera Nazionale Dopolavoro. Le noie comunque non furono troppe e il gruppo continuò la sua attività di divulgazione musicale. Tuttavia, con lo scoppio del conflitto mondiale, molti musicisti si ritrovarono sotto le armi e l'organico diminuì sensibilmente. Poi, verso la metà del '42, divenne per tutti impossibile suonare. Con gli allarmi aerei che si susseguivano bisognava pensare a salvare la pelle, e chi poteva andare alle prove che si tenevano dopocena? Allora i membri della Mandolinistica si dettero alla filodrammatica, contando di riprendere a suonare una volta finita la guerra. Il Fascio impose all'associazione di mutare il suo piccolo, grande nome in quello generico di Dopolavoro Artistico, la cui attività cadde sotto un rigido controllo politico, ma i fondi ben presto vennero meno e gli spettacoli cessarono. Fu già molto riuscire a conservare il mobilio, gli strumenti e il ricco patrimonio di spartiti musicali che l'associazione possedeva.
Caduto il regime, i mandolinisti lucchesi sperarono di potere rientrare in possesso dei propri beni e di ricominciare a pizzicare le corde. Ma non fu così. Nacque un contenzioso con il Partito d'Azione che si oppose alla riconsegna dei beni adducendo svariati motivi. Sembra, in particolare, che a giocare contro i musicisti fossero le targhette fasciste apposte sui mobili in loro possesso. Fatto sta che nessuno riuscì a ricostituire l'orchestra. Gli spartiti sono attualmente conservati nell'Archivio di Stato di Lucca; ma che fine avranno fatto i mandolini, le mandole, le chitarre e i chitarroni? E' probabile che siano andati smarriti, distrutti o venduti su qualche bancarella di robivecchi. Ma se invece, da qualche parte in qualche casa, sotto le ragnatele in qualche soffitta, ci fossero ancora? E le leggendarie esecuzioni per Radio Firenze, saranno mai state incise e conservate da qualcuno? Se parenti, figli e nipoti dei mandolinisti, sapessero qualcosa…
A. T.
(In alto: foto di gruppo conservata presso l’Archivio di Stato di Lucca; nel riquadro: mio nonno AlessandroTrasciatti)
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