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Mondano e disperato: Un anno fa domani di Sebastiano Mondadori
Mer, 03/10/2010 - 22:37
Un anno fa domani è forse il miglior libro di Sebastiano Mondadori, il più riuscito. E’ giusto quanto dice Lidia Ravera, madrina del romanzo al Premio Strega, e cioè che questo lavoro ha “l’urgenza morale di un’opera prima”. Un nuovo inizio, più maturo e stilisticamente più scabro. Un romanzo mondano e disperato che ha per protagonista un quarantenne di buona famiglia, con una bella moglie e una vita che si muove con disinvoltura tra Roma, Milano e la Maremma toscana. Ma il romanzo parte con una tragedia: la morte della moglie in un incidente stradale. E’ questo che determina il romanzo, è questa la causa scatenante della narrazione. Cosa succede allora nella vita di Vittorio Congedo (così si chiama il protagonista)? Di tutto. La vita materiale gli diventa ancora più facile perché Teresa (la moglie) morendo gli lascia una ricchezza enorme. Ma lui non riesce a elaborare il lutto, continua a vivere con l’ossessionante fantasma di Teresa, in un continuo dialogo muto con lei. Vittorio evita il lutto, lo aggira, lo rifiuta; e non è un caso che la sera precedente al funerale lui faccia l’amore con una ventenne che mette incinta e che un anno dopo sposerà. Questo è Vittorio Congedo, un uomo di un vitalismo sfrenato, eccessivo, ossessionato dal sesso, bisognoso di sesso come di un balsamo e – mi verrebbe da dire – come di un ansiolitico. Ed è un uomo che per reggere l’impatto con la realtà, direi anzi la consapevolezza di essere al mondo, deve bere. Questa frizione con l’esistente è espressa a chiare lettere a p.57, quando Vittorio si rivolge col pensiero alla ventenne Carola:
Vorrei parlarle del senso di panico con cui mi sveglio, sempre uguale e accerchiante, tutte le mattine alle tre e quattordici, della tentazione di svegliarla dal sonno che la restituisce alla severità della sua giovinezza e di rivelarle quel segreto solo in apparenza fisiologico di una cacata incredibilmente gratificante e generosa; vorrei raccontarle la nausea del panico, più che il panico l’ossessione della sua inevitabilità nelle due ore successive, a rigirarmi nel letto vicino alla sua presenza inconsapevole, con il pensiero fisso di avere tradito la realtà; vorrei spiegarle con precisione il senso di questa ossessione, il valore che attribuisco alla realtà, il posto occupato dal mio corpo rispetto a ciò che accade nella mia testa, il rigetto fin da piccolo verso coloro che mi hanno voluto insegnare a tutti i costi cos’è la realtà: e la certezza impossibile di vivere in un luogo al di fuori della realtà.
Il rifiuto della realtà, di ciò che si impara a riconoscere come realtà, va di pari passo con la consapevolezza di non poter vivere al di fuori di questa realtà. E qui c’è tutta la nevrosi di Vittorio, il suo continuo oscillare tra due poli opposti senza poter trovare un punto di equilibrio se non quello fittizio della quiete alcolica e del sesso. Da questo brano viene fuori anche un altro elemento: la fisicità di Vittorio e la capacità di Mondadori di dare veramente corpo ai personaggi, di descriverli nelle loro impellenze fisiologiche, nel loro lato organico, umorale, anche repellente o fastidioso. E’ un romanzo che tocca un po’ tutti i nostri tabù, i nostri argomenti sconvenienti: dal sesso alle feci, in diverse sfumature e commistioni (p.s. Teresa che esige da Vittorio di essere guardata sulla tazza del water).
Vittorio non ha nessun merito riguardo alla vita agiata che ha la possibilità di fare e addirittura erediterà l’azienda di famiglia, un altro immenso patrimonio. Eppure è anche un po’ vittima di questa famiglia, soprattutto della madre a cui deve sempre rendere conto, e dei parenti che si riuniscono come un consiglio di amministrazione per decidere le sorti dell’impresa. Questo colpisce: il suo senso di accerchiamento, l’ingombro infelice dei legami di sangue. Ma in questo intreccio affettivo vischioso, Vittorio riesce a tracciarsi una via di libera consapevolezza; si legge a p. 56:
La vera differenza tra quando cercavo disperatamente di essere capito da Teresa… e il mio distacco di oggi sta forse nell’accettazione di vivere senza più il bisogno di essere capito da chi mi vuole bene. E’ la sola forma di maturità che ho raggiunto. Senza eccezioni o cadute di umore, è diventata una mia seconda natura, una libertà finalmente irresponsabile, la forza di agire a dispetto della contrarietà delle poche persone cui ancora tengo e fregandomene del loro parere, in una solitudine in cui mi riconosco.
Vittorio dunque non sente più la necessità di essere approvato dalle persone che ama, ma continua a avvertire il bisogno prepotente della loro vicinanza fisica e infatti non viene mai descritto da solo. Le sue donne non lo mollano mai, perché in fondo sa farsi volere bene, e lui ha bisogno di qualcuno che gli sia accanto. Qualcuno che lo desideri, che lo faccia incazzare, che soddisfi le sue voglie sessuali…c’è molto sesso in questo romanzo, le donne di Vittorio – che pure sono esigenti e anche intransigenti, lunari e sfuggenti – sembrano a volte delle concubine nella remissività con cui sottostanno ai suoi desideri, che poi sono i desideri di un bambino capriccioso che viene assecondato per farlo stare buono. Si dirà maschilista, si dirà sgradevole. Ma per usare le parole di Ernesto Ferrero, anche lui padrino del romanzo al Premio Strega 2010, «Mettendo in pratica un pensiero di Italo Calvino ("Non credo a niente che sia facile, rapido, spontaneo, improvvisato, approssimativo"), Sebastiano Mondadori sfida se stesso e i lettori immergendosi nel pozzo delle verità scomode ma ineludibili, ai confini del perturbante. La sua scrittura coraggiosa e innovativa si pone agli antipodi dei confortevoli equivoci della narrativa di genere.»
Alessandro Trasciatti
bella recensione bravo!!
ila
la vita di coppia ti fa bene... grazie, s
Coppia ci cova.