Uomini e pecore, prima puntata

Dom, 03/07/2010 - 09:27

Uomini e pecore, prima puntata

 

Uomini e Pecore
Un racconto lungo come un romanzo, ma scritto in episodi non molto pesanti
di Dark0

1.

Uno, due, tre, quattro. No così non va.
Due, quattro, sei, otto, dieci. Sono troppe. No.
Contare le pecore.
Facile a dirsi.
Circondato e immobilizzato qui senza alcuna possibilità di movimento, dovrò pur inventarmi qualcosa.
La prima idea è stata quella di rimanere attaccato al clacson della mia Twingo nera e lasciare che impaurite si disperdessero lungo il crinale delle valle in modo da proseguire come se niente fosse su questa deviazione della statale ventuno.
La prima idea però mi è sembrata troppo prevedibile e scontata, quindi ho deciso di passare alla seconda. La seconda idea è contare le pecore.
A dieci anni contare le pecore era il rimedio che mi suggeriva ogni volta mia madre quando non riuscivo a dormire.

Mamma, non ho sonno.
Prova a contare le pecore.

Contare le pecore.
Chiudere gli occhi e contare le pecore.
Facile.
Io a dieci anni avevo già letto l'alba dei morti viventi, Jack lo squartatore e le notti della luna piena e sapevo – lo sapevo perfettamente – che nel buio non c'erano solo le stesse cose che ci sono quando è accesa la luce, e mia madre credeva che per addormentarmi bastasse fare la conta di ovini inesistenti.
Eppure contarle, in casi di insonnia da indigestione di Dylan Dog, mi sembrava l'unico rimedio possibile.
Zero.
Quando chiudevo gli occhi, non ne vedevo neanche una.
Le immagini di pecore che mi venivano in mente erano tutte bidimensionali: le pecore che cercava di rubare Wile E. Coyote in alcune brillanti puntate alternative a quelle della serie regolare dove dava la caccia a Bipbip; la puntata di Doraemon trasmessa da Tandem nel pomeriggio di Raidue: ricordo che Guglielmo, il bambino sfigato aiutato da Doraemon, aveva problemi di sonno e cercando di dormire, nella sua testa apparivano immagini bucoliche di prati immersi nel verde e di staccionate di legno saltate leggiadramente da alcune pecore ovattatissime; il videogioco chiamato Sheep, sul Commodore 64, dove pecore fatte da pixeloni quadrati sormontati da un pixel nero più piccolo si muovevano in greggi a bassa risoluzione e tu, piccolo pastore a 8 bit, dovevi indovinarne il numero preciso in meno tempo possibile.
Insomma, ammesso e non concesso che l'atavico rimedio del contalepecoreeilsonnoarriverà avrebbe funzionato, bisognava convenire che il mio immaginario sul mondo ovino necessitava di una decisiva rinfrescata perché le cose potessero funzionare.
Poi, con il passare degli anni e le letture mensili di Dylan Dog, accompagnate da visioni notturne di videocassette pirata di film horror di serie B che giravano sotto i banchi di scuola prima dei porno, la mia fobia del buio divenne meno acuta. Riuscivo perfettamente a esorcizzare le mie paure, i miei uomini neri e le Mana Cerace di turno.
L'insonnia però è rimasta uguale. Anzi, forse si è acuita proprio a forza di mostri della laguna nera, streghe rimaste impigliate con le proprie collane ad ascensori torinesi e zombi famelici che infestano i supermercati. La sera, invece di andare a dormire, resto ore a leggere storie di vampiri o di castelli di Otranto oppure a guardare film sconosciuti fino a tardi.
Mai avrei potuto credere che per dormire ci fosse stato bisogno di contare pecore batuffolose che saltavano staccionate.

E il motivo lo capisco solo adesso.
Adesso che, cercando di contarle ad occhi aperti, realizzo di non aver  mai visto una pecora in vita mia.
E da questo vedere escludo video o foto. Chiaro che in quel senso so com'è fatta una pecora, so che ha quattro zampe, che viene tosata per la lana, che c'è anche il latte. Però dal vivo, cioè esattamente qui davanti a me, non ne ho mai vista una.
Quando questa verità mi si presenta davanti così greve e ineluttabile, i vetri della mia Twingo sono quasi del tutto appannati e io ho smesso di contare l'intero gregge che mi immobilizza e questa massa lanosa assume al mio sguardo una nuova connotazione: non più ovini belanti immersi in una natura incontaminata, ma leggendaria punizione biblica perpetrata ai danni del sottoscritto.
Punizione di una vita passata sempre tra quattro mura e mai a contatto con la natura e con il resto del mondo. Il mondo animale, il pascolo, le pecore: per me solo concetti pseudoastratti, parole associate a immagini da enciclopedia dei ragazzi, immagini riciclate da altre immagini e mescolate nella mia testa, che mai avevano un corrispettivo reale.
Il risultato? Trentatré anni e un centinaio esseri a quattro zampe, belanti e ricoperti di lana a bloccarmi la strada, proprio come la cattiva copia di quella recente pubblicità della Renault.

(In alto: disegno originale di Dark0)

  1. Kabala on Dom, 03/07/2010 - 22:20

    ecco.buono. il buon pastore domenicale in motorizzazione benzina, diesel, gpl e/o xanax.aspetto il prossimo.libeccio 

  2. Anonimo (non verificato) on Sab, 03/13/2010 - 13:42

    E riconosco lo stile di uno scrittore schietto, un hornoby italiano. Decisamente piacevole.
    Le digressioni "filosofiche", apparentemente facili, coinvolgono maggiormente nella lettura e permettono di innamorarsi (o meno) il protagonista.
    Perchè capitoli così brevi? Qualche riga in più e l'acquolina in bocca diventerebbe sinonimo di "romanzo avvincente"!
    Alla prossima!

  3. Dark0 on Mer, 03/24/2010 - 19:01

    Però non vuol dire niente, no? =)
    Cerco di far rimanere i capitoli dentro le due pagine perché mi annoia leggere cose lunghe in rete, quindi, capitoli non molto pesanti =))

    Continua a seguire U&P

    D'