May
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Dark0: Uomini e pecore, undicesima puntata
Dom, 05/16/2010 - 08:45
11.
So già chi è senza neanche vedere il display.
Desi.
Le rispondo, alzando gli occhi al cielo buio sopra la valle Stura, come se avessi un pubblico immaginario, che potesse capire da questo semplice gesto tutta una serie di rimandi ed equilibri, tra me e questa ragazza.
Dico "Hei", come dico sempre quando voglio far vedere che sono meravigliato e colpito e in realtà non lo sono, ma forse stavolta non lo dico sufficientemente convinto.
- Oh, ma che fai?
- Prendo freddo.
- Sei arrivato?
- In questo momento. Tu come stai?
- Come sto? Sto a Pisa sto.
- Non dove stai. Come stai.
- Diego, guarda che così non rendi le cose più facili.
- Dai Desi, lo sapevi che partivo. Sapevi dove andavo. Sapevi tutto. Sai anche il rapporto che ho con il telefono.
- Sì, sì che lo so, che a te non piace parlare al cellulare e tutte quelle stronzate anni novanta.
- Anni novanta...
- Un messaggio per dire "Sono arrivato. Stai tranquilla amore mio". Anche senza Amore mio se ti viene complicato. "Sono arrivato e sto bene". Se proprio vuoi fare il carino scrivi "Ti penso". Stronzate così. Cose da due persone che stanno insieme. Cose normali.
Quando dice cose normali è come se mi risvegliassi da un torpore.
Ascoltavo Desi che continuava a parlare, ma con la testa ero rimasto indietro a quando mi aveva detto "Stronzate anni novanta". Naturale che io sia rimasto ancorato a quella frase. Lei dice Anni novanta e io mi sposto su quella dimensione lì.
Così.
Sono nel millenovecentonovantacinque a diciannove anni e sto qui, mi pare già impossibile stare fermo a parlare a un telefono al centro di Bersezio, davanti a un hotel che ha il nome di una pecora postmatura. Il fatto che mi sembri impossibile è dovuto solo alla presenza del cellulare. Infatti Bersezio potrebbe benissimo essere uno dei tanti paesini dell'entroterra calabro, prima di un concerto con i PiumoniDimore.
E lo è.
E sto cercando una cabina: quelle rosse con la porta che quando chiude sei isolato dal mondo. O quelle ancora prima, con i gettoni e il pulsante giallo. In paesini così è più probabile trovare la seconda.
E quando la trovo prendo qualche pezzo da duecento lire nella tasca, per telefonarti a casa e dirti che tra un po' inizieremo il concerto e che ci vediamo domani davanti scuola, e che ti penso e che Una canzone lunga un giorno te la dedicherò. Cose così. Se posso stare ancora un po' con te al telefono? Proprio poco, perché sento che i soldini stanno finendo tutti e tra un po' ci sarà quel suono che mi dice che. Non ho la scheda. È un paesino fantasma questo, ci saranno venti persone al pub. Che mi frega, l'importante è suonare. Tanto dovevo solo dirti questo no? No? Ti penso. Ti penso tanto. Ciao amore mio.
Cose così.
Cose normali da due persone che stanno insieme.
Poi.
La cornetta arancione diventa il mio Nokia N79 e io ritorno nel duemilanove. Al telefono non c'è più Gianna Viganò del liceo classico Bernardino Telesio, ma Desi. Io non ho più diciannove anni e non devo suonare con i PiumoniDimore al pub della Collina a Colosimi, provincia di Cosenza. Io devo andare all'hotel Tardoun e prendere una singola per dormire stanotte e smettere di pensare a queste stronzate anni novanta.
E invece resto ancora un po' lì in strada con Desi al telefono che sta continuando a sottolineare la mia poca voglia di essere presente nella sua vita e la mia pessima attitudine di parlare al cellulare sempre pochissimo.
Penso che non siano stronzate anni novanta, ma non glielo dico. Le dico:
- Ti penso. Ti penso tanto.
Lei non si interroga neanche un attimo sulle motivazioni del mio cambio di registro. Anzi, crede che siano state le sue abili capacità oratorie a farmi dire quello che ho detto. Interrompe una frase a metà e mi dice Cosa? E io lo so che ha sentito perfettamente quello che ho detto e vuole solo che glielo ripeta per stringersi dentro quel caldo abbraccio di soddisfazione, ma quando sto per ridirglielo, sento in fondo alla strada il rombo di un motore potente arrivare nella mia direzione. È un Land Rover.
Arriva con la stessa grazia di un elefante dentro una cristalleria. I vetri rimbombano della musica al suo interno e tutto l'intorno diventa metallizzato come le ruote enormi che si fermano sopra il marciapiede davanti all'hotel. Io sto dall'altra parte della strada e guardo questo colosso meccanico invadere tutti i silenzi da cartolina di Bersezio con una facilità e una violenza imbarazzanti.
Mi appoggio con la schiena ad una parete di legno stagionato e sento Desi che dice:
- Anche io ti penso tanto.
Questo a conferma del fatto che mi aveva sentito prima, anche senza che ripetessi.
Le dico che ci sentiamo più in là, e lei dice Domani? E io dico Sì, ma solo perché non ne posso davvero più di stare al telefono con lei. Dal Land Rover escono due persone ed entrano nell'hotel. Un uomo e una bionda. Desi mi manda un bacio. Io metto giù. Il display lampeggia ancora per un po'.
La mia Twingo nera vicino il Land Rover metallizzato. Uno still life un po' metropolitano, un po' naturalista. Un'installazione involontaria per il mio pubblico immaginario che dovrebbe aver già capito tutta una serie di equilibri, solo da questa istantanea.