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Aurora borselli: Il piede
Mar, 02/16/2010 - 15:13 | Aggiungi un commento
“Se il prete suda troppo è un feticista.”
Così mi ha detto Adelina, che fa pagare i baci e di preti e feticisti ne sa certo più di me.
Così sono andata a vedere se era vero.
Era vero.
Accovacciato sotto quella croce non riesci a mentirle, mentre ti guarda e attende una qualche risposta. Vorresti abbandonarti completamente alla sua volontà ma c'è qualcosa di più forte che ti distoglie dal bene.
Forse il tuo abito non è più sufficiente a tenere lontani i pensieri, e mentre stringi i pugni tanto forte da conficcarti le unghie nei palmi delle mani cerchi di alzare lo sguardo, ma non riesci a salire più su di quei piedi, martoriati e nervosi, inchiodati al legno.
È sembrato giusto anche a te prendere i voti, alla fine l'idea è sembrata quasi tua. Certo non sei stato il primo a parlarne, ma col tempo ti sei convinto che c'era una sola via da seguire, come se il cordone ombelicale non ti fosse mai stato tagliato e con gli anni si fosse allungato a dismisura, lungo una strada a senso unico.
Eri un bambino curioso. Osservavi spesso tua madre mentre preparava la cena, era bravissima a tagliuzzare le verdure a fettine sottilissime, tutte della stessa dimensione, prima le carote, poi gli zucchini e le cipolle, mentre l'olio sfriggeva in padella con qualche spicchio d'aglio intero.
La cucina si riempiva di vapori, ti si appannavano gli occhiali e li pulivi al suo grembiule. Lei continuava a girare la polenta, sempre lo stesso lento movimento. Ogni tanto si soffiava via i capelli dalla fronte.
Spesso quando le tue sorelle facevano il bagno le spiavi, mentre si spruzzavano addosso l'acqua e si tiravano i capelli. Si raccontavano i loro segreti, ma non ti interessava ascoltarli, ti bastava scrutare ogni centimetro dei loro corpi alla ricerca di una somiglianza con il tuo. Finché tuo padre non parcheggiava l'auto nel vialetto. Correvi a nasconderti sotto le lenzuola, mentre t ua madre si sedeva accanto a lui e lo guardava mangiare. Cercava di farsi raccontare qualcosa del mondo fuori da quella cucina ma lui, con le spalle curve sul tavolino, rispondeva a monosillabi guardando dritto nella minestra.
Dopo qualche minuto gli faceva una carezza e gli accendeva la televisione, poi andava nell'ingresso, sistemava i cappotti e chiudeva il chiavistello del portone. Apriva piano la porta e in punta di piedi si avvicinava al tuo letto, ti accarezzava i capelli facendo un paio di sospiri e ti augurava la buona notte.
Trascorrevi i pomeriggi in parrocchia, con quell'abito da chierichetto con le maniche sformate da altri dieci bambini.
Scrutavi ogni più piccolo particolare della croce, le sfumature del legno, lo spazio inesistente tra le dita dei piedi, le pupille scolorite, tanto che tutti pensarono che quello fosse il tuo destino. Quel bimbo tanto devoto non poteva certo fare il medico, o l'avvocato, c'era un premio solo per tanta abnegazione. Ma un occhio meno precipitoso avrebbe interpretato diversamente quella sensazione di appagamento che svelava il tuo faccino, quando finalmente ti decidevi ad allontanarti dall'altare, i tuoi occhi pieni di soddisfazione non potevano certo aver compreso alcun dolore.
Quanti giorni sono che non mangi? Non che ti importi molto. E che non dormi? A parte quei momenti di apnea dove si susseguono immagini che non vorresti più vedere. Anche solo deglutire ti procura dolore fisico, senti freddo e per la prima volta non ti basti.
Cosa deve succedere per farti alzare da lì?
Forse potresti chiedere di essere trasferito, ma con quale motivazione? E se quelle immagini ti seguissero?
Quel legno di cui hai goduto ininterrottamente per tutta la tua breve vita non ti comunica più niente. Hai paura di alzare lo sguardo, quasi sicuramente non ti sentirai appagato, sei andato troppo oltre, i tuoi occhi hanno visto qualcosa di più interessante.
Era un martedì, fino ad allora un giorno come un altro, una donna come un'altra, sicuramente giovane, forse non quanto te, magari anche bella, non l'hai certo guardata. Hai visto solo il suo piede, quasi nudo, sembrava che un pittore avesse dipinto la scarpa sulla pelle. L'incavo della sua pianta, le dita perfette una accanto all'altra, le unghie rotonde.
Attraverso la grata del confessionale cercavi di ascoltare i suoi inutili peccati, ma non la sentivi. Fissavi quell'opera d'arte sotto la tenda porpora e il sudore ti colava lungo la schiena, c'era forse al mondo qualcosa di più perfetto?
La donna doveva aver finito di raccontarsi perché a un certo punto bussò alla grata, chiedendoti qualcosa, se andava tutto bene. Avresti voluto prolungare quel piacere fino a poterlo appagare, ma quei piccoli piedi si stavano già allontanando, li ascoltavi posarsi sul marmo e immaginavi che calpestassero la tua gracile schiena.
Da quella volta ogni martedì, in confessione, quei piedi si sono abbandonati a te, si sono mostrati vezzosamente dentro un paio di scarpe nuove, o nascosti dentro scarponcelli per farti un piccolo dispetto, per poi mostrarsi di nuovo nudi il martedì successivo. Hai atteso ogni notte precedente all'incontro con aspettative nuove, bramosia sconosciuta, hai sognato di toccarli, di baciarli, di farti imboccare da quelle piccole dita.
Quanti giorni ti separavano dalla Pasqua?
Erano gli stessi giorni che dovevi attendere per poter in parte appagare le tue voglie, segnavi sul calendario ogni giorno con una croce, sognando quel momento in ogni particolare. Lo avresti riconosciuto tra tanti, avresti tolto lentamente la scarpa e avresti accarezzato quel piccolo piede con amore, senza che nessuno lo notasse. Lo avresti bagnato con l'acqua tiepida, passando le tue dita tra le sue dita, schiacciando il tuo palmo sulla sua pianta, questo per interminabili minuti, finché lo avresti avvolto nel telo e asciugato bene, togliendo fino all'ultima goccia d'acqua, tentando da lontano di annusarne il sapore.
Se non fosse mai successo, se i tuoi desideri non si fossero mai avverati, non saresti in queste condizioni. Se il giovedì Santo, quando tutta quella gente si è messa in fila per farsi lavare i piedi, quella donna non si fosse presentata, perché magari si era ammalata, o perché si era trasferita in un'altra città, saresti stato molto, molto deluso, ma forse riusciresti ancora a guardare la tua croce senza timore di non vedere nulla.
Le senti bisbigliare, dietro le tue spalle, sono venute per la confessione. Aspettano timorose vicino al confessionale che tu abbia finito di pregare. E intanto bisbigliano, che uomo di chiesa, così devoto alla sua croce, prega, prega sempre, prega tanto che si scorda di mangiare, è sempre stato così, fin da bambino.
E tu vorresti alzarti, accoglierle nella tua chiesa, ma non ci riesci, e loro non capiscono, aspettano che il prete devoto abbia finito di pregare. Resti ancora lì, avvoltolato su te stesso come un bruco, ti divincoli nella ricerca di un segno ma da giorni non si muove niente. Forse è la tua punizione, del resto fin da bambino te l'hanno insegnato, non avrai altro Dio all'infuori di me.
(In alto: piedi di prete)
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