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Amori e disastri di ferragosto
Ven, 08/15/2008 - 13:21
di Alessandro Trasciatti
I giorni intorno a ferragosto sono giorni in cui si fa palpabile l’agonia del mondo. Lo sfacelo si rende visibile per contrasto, prende corpo nell’unanime corsa alle ferie, nel ribollire dei corpi sulla spiaggia, corpi in cerca di avventure, di sollazzi, di dimenticanza. La fuga verso l’inconsueto esalta la realtà della schiavitù del lavoro, dei rapporti di coppia, dei vincoli del sangue, degli obblighi di studio. Il dott. Pistelli è fuori dal coro quest’anno, ha deciso di rimanere al suo posto perché il traffico postale d’estate è meno intenso, il ritmo delle consegne meno frenetico e ha poco senso cercare il riposo quando la fatica giornaliera è minore. Ma più pesante è il rombo della solitudine, più penosa la faccia dell’universo, rugosa e fiacca, visibilmente invecchiata. Questo il dott. Pistelli lo temeva confusamente, ma non ha voluto prendere provvedimenti ed ora si aggira stracco tra teorie interminabili di saracinesche abbassate, si affloscia riabbassando la cornetta del telefono dopo inutili tentativi di stabilire i soliti contatti umani, delegati alle voci artificiali delle segreterie automatiche. Nemmeno la brasiliana, con il mestiere che fa e che lo irrita, gli è di grande conforto. Un tempo – ma un tempo non lontano – non era così, o meglio, il disastro del mondo era meno evidente agli occhi del dott. Pistelli perché anche lui era più partecipe dei riti collettivi di mascheramento, e adesso rimpiange un po’ quella sua parziale cecità. Ferragosto è stato più di una volta galeotto amoroso, complice involontario di affetti nascenti. E’ stato proprio ferragosto a portargli, per almeno due volte, una fidanzata.
Ma sono ormai tre anni che ferragosto non porta più fidanzate in dono al dott. Pistelli, così lui può osservare meglio il disastro del mondo. Non che sia una grande consolazione, anzi non lo è affatto, ma anche questa è una terapia esistenziale, una presa di coscienza dello stato di precarietà in cui si versa quotidianamente e che le occupazioni frenetiche fanno dimenticare. “Quando un giorno sentirò l’aria puzzolente di uova marce”, pensa il dott. Pistelli, “e vedrò che il cielo pende tutto da una parte e la terra si fende in zolle che vanno alla deriva portandosi dietro i condomini e le ciminiere, allora non mi spaventerò più di tanto”. Adesso non si meraviglia più che gli individui di ogni generazione, nessuna esclusa, dicano frasi del tipo: “Ai miei tempi non succedeva così” oppure “Quand’ero giovane le cose andavano meglio”. Non è una forma di conservatorismo e neppure un sintomo di rincoglionimento che porta a idealizzare il buon tempo andato della giovinezza. Queste espressioni derivano dal fatto che il mondo è effettivamente soggetto a un irreversibile processo di decomposizione, talmente rapido da essere avvertibile nell’arco dell’esistenza di una persona. Si va veramente di male in peggio e si andrà sempre di male in peggio, finché il mondo si farà così schifo da non potersi più sopportare e schianterà. Allora avremo la cosiddetta “fine del mondo”. E un tale processo franoso non è, ovviamente, solo di ordine materiale ma anche spirituale, così che si può dire senza timore alcuno di smentita che gli uomini migliori erano i primitivi, e meglio di loro le scimmie, e meglio delle scimmie i pesci, e meglio di tutti gli organismi unicellulari, veri esempi di perfetta moralità. Il dott. Pistelli è un nostalgico dello stato di natura, del buon selvaggio con annessi e connessi. Il suo sogno sarebbe quello di stabilirsi in qualche isola remota, piena di Balinesi tutte nude o di Tahitiane che gli si offrono senza pudori di sorta. Vorrebbe regredire a prima del peccato originale per sollazzarsi con ogni varietà possibile di mele primordiali e percorrere con le mani tette e tettine, culi e cosce esenti da proibizioni, e aggirarsi nudo fra capanne di paglia e grandi foglie ombrose sotto le quali ci si accoppia senza farsi alcuna promessa.
E invece è costretto a trascinarsi per strade asfaltate che ribollono di sole, dove l’aria è appena smossa dai mortiferi sbuffi di vento ferragostani. Qualche volta ha proprio l’impressione che la fine di tutto e di tutti sia prossima. Il cielo prende davvero a pencolare tutto da una parte e le nuvole rotolano verso un angolo dell’orizzonte, ammucchiandosi alla rinfusa. Anche quelle lievi bave di vento che prima si alzavano cadono completamente e fanno spazio a una bonaccia greve come il piombo, così che l’unico odore percettibile, oltre a quello del proprio sudore, è il tanfo dei cassonetti della spazzatura. In quella cappa irrespirabile non c’è verso di trovare un riquadro d’ombra perché il sole allo zenith è di una luce così invadente da non lasciare scampo. Allora anche il cervello inizia a evaporare e la testa gira e rigira fintanto che uno non stramazza per terra come un bestione ubriaco. Poi magari si rialza dopo una mezz’ora e si accorge che tutto è ancora lì, tremolante nell’aria incandescente, il che vuol dire che la fine del mondo è stata rimandata. Ma questi episodi si fanno sempre più frequenti fra gli abitanti del pianeta. Il dott. Pistelli ha già raccolto molte testimonianze di amici e conoscenti cui è capitato di trovarsi rovesciati come bisonti su un marciapiede, con il cielo tutto storto che sembrava dover crollare da un momento all’altro e un gran puzzo di roba avariata nelle narici. Si tratta, evidentemente, di preallarmi o di prove tecniche di cui si accorgono solo gli individui più sensibili, ma sono episodi sintomatici di una linea di tendenza degli eventi. Il collasso si avvicina, se non è questo sarà il prossimo ferragosto. O quello dopo.
(In alto:Dalla finestra di camera, foto dell'autore)
Altre storie del dott. Pistelli le trovate in Quattro Pistelli, zonafranca editrice, 2008.
"Ha poco senso cercare il riposo quando la fatica giornaliera è minore."
Non condivido. Sempre di fatica si tratta. Dipende poi dal riposo. Se deve essere eterno ben venga la fatica giornaliera, a patto che vengano bandite dal posto di lavoro espressioni quali "mi sto ammazzando dal lavoro" oppure "quest'anno se non vado in ferie mi ammazzo".
L'ironia salverà il mondo.
Chi non si firma va all'inferno.
Il Diavolo