Gianvittorio Randaccio: tragedie e italiani

 

CONTRO LE TRAGEDIE E I GIORNALISTI COL PALLOTTOLIERE

A volte nel mondo accadono delle tragedie che ti lasciano veramente attonito, notizie che quando le senti ti bloccano quasi il sangue nelle vene e per qualche momento ti danno anche dei problemi di respirazione. Per esempio, accendi la televisione ed ecco che al telegiornale dicono che in un incidente ferroviario in Polonia hanno perso la vita centinaia di persone, oppure che uno spaventoso terremoto in Giappone ha distrutto un’intera regione e che ci vorranno settimane per recuperare i corpi rimasti sepolti sotto le macerie, o ancora che un aereo è caduto nell’oceano per un’avaria e non c’è nemmeno un sopravvissuto. Anche i giornalisti televisivi sembrano impressionati dalle notizie che stanno leggendo e hanno l’espressione disperata di chi pensa che se avesse saputo che in quell’edizione doveva leggere quella notizia lì, si sarebbe dato malato per due o tre giorni, in modo da non doversene occupare nemmeno nelle edizioni successive.
Così tu sei sgomento e ti cresce dentro un gran dispiacere per tutte le vittime di queste tragedie, e vorresti fare qualche cosa per le persone che sono in bilico tra la vita e la morte, oppure per i dispersi, ti viene quasi da prendere in mano il telefono per chiamare qualche organizzazione e dichiararti disponibile per dare il tuo aiuto in ogni modo. Sei colpito, affranto, triste: questa notizia ti ha tramortito.
Fino a che, e succede tutte le volte, immancabilmente, parte la conta delle vittime o dei superstiti italiani. Il giornalista, sempre con l’espressione corrucciata, ma magari un po’ più rilassata, dice che per fortuna non c’erano passeggeri italiani sull’aereo precipitato nell’oceano. Oppure, e qui rimane però più perplesso, che non si hanno notizie di presenze italiane nella zona del Giappone colpita dal terremoto. O ancora che sul treno polacco c’erano sì due italiani, ma che sono miracolosamente rimasti illesi, visto che erano nell’ultimo vagone: hanno varie ossa fratturate, ma sono ancora vivi.
A questo punto, tutte le volte, io riacquisto il dono della voce, che la notizia della tragedia mi aveva momentaneamente tolto, e comincio a inveire contro i giornalisti della televisione e la loro mancanza di sensibilità, contro i loro sentimenti ormai inebetiti dai lustrini e dal cinismo del mondo dei media: ma come, dico, porco giuda, muoiono centinaia di persone in un incidente ferroviario e tu stai a pensare ai due italiani che erano nell’ultimo vagone e che magari non avevano neanche pagato il biglietto? E di tutti quei poveri polacchi che sono morti schiacciati dalle lamiere non te ne frega niente? E ti sei già dimenticato dei giapponesi che marciscono sotto le macerie dopo quello spaventoso terremoto? Come fai a rilassarti e quasi a fare un sorrisino di soddisfazione solo perché tra le vittime non ci sono italiani? E se uno dei morti era francese ma viveva in Italia allora ti dispiacerebbe di più?
Il tuo rilassamento alla notizia che non ci sono italiani fra le vittime, caro il mio giornalista da strapazzo, certifica solo che il tuo dispiacere è connesso alla carta d’identità di questi poveri morti, e che ormai più che il giornalista dovresti fare il burocrate scaldasedia al ministero degli Esteri, a contare con il pallottoliere le vittime italiane nel mondo, visto che ti interessano solo quelle, misero essere insensibile e cinico che non sei altro, umano quanto uno scaldabagno.

  1. Anonimo (non verificato) on Mar, 05/11/2010 - 04:35

    Caro autore, ma non le sembra di aver adottato la stessa vaghezza di contenuti e di forma del giornalista tipo? Con questo suo scaldarsi al fornelletto a spirito, ci ha fatto forse vibrare per la morte e per la vita o ha solo denunciato? Lo stesso pezzo l'ho già sentito, recitato da "quelli che fanno il punto" all'ora di maggiore ascolto.

  2. trasciatti on Mar, 05/11/2010 - 07:15

    Firmarsi, grazie!

    dir tra

  3. Anonimo (non verificato) on Mar, 05/11/2010 - 18:30

    prego, perché?

  4. Randaccio (non verificato) on Mer, 05/12/2010 - 09:09

    No, gentile lettore, non mi sembra. Ho fatto solo una piccola denuncia, mi sono indignato un po', è una cosa terapeutica, mi fa stare meglio. Però accolgo la sua critica: in futuro cercherò di differenziarmi da quelli che fanno il punto. Mi scalderò in maniera diversa.

    Invettivorio

  5. Anonimo (non verificato) on Gio, 05/13/2010 - 05:20

    Mi creda ho parlato per conoscenza di causa. Il gergo non è solo quello dei malandrini (magari, a volte vere invenzioni verbali) in una società di mercato la sua pulita denuncia vale quanto il brodetto redazionale sulla strage settimanale; a meno che, in fondo, non le piaccia l'idea stessa di catalogo, tipo invertebrati, con classi e famiglie messe in riga. La sua firma in "rispondi" indica un malessere?
    Randaccio, piuttosto, promette di più e meglio. S'incazzi o si immalinconisca da picciotto.