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Alessandro Biagetti: Sogni di libeccio
Lun, 09/29/2008 - 16:18
Ecco "Sogni di libeccio", il racconto di Alessandro Biagetti che dà il titolo all'omonimo libratto di prossima pubblicazione.
«Livorno. Anche ritorno, grazie».
L'uomo con la giacca verde batte qualche tasto al computer e da sotto lo schermo sbuca fuori un biglietto. «Quattro euro e venti, buon viaggio». Buon per lui, lavora seduto e non capisce nulla. Pigia i tasti e fa i biglietti. Io se non trovo lavoro vado fuori di casa, è un po' che me l'hanno detto.
Sul binario. Il primo, appena fuori. Non c'è molta gente a quest'ora. Due nere vestite con i fuseaux e un vecchietto che ogni tanto le guarda quando sono voltate. In compenso, presentate dalle loro gonne variopinte, alcune donne dalla pelle chiarissima e dai capelli stopposi aspettano il diretto per Grosseto sul terzo.
Zingare. Sarò razzista ma non mi piacciono. Ridono sguaiate, comprano birra ai mariti e guardano male chi non è dei loro. Fortuna che prendono un altro treno.
Tra dieci minuti quello per Livorno. Lo annuncia l'altoparlante.
«... ferma in tutte le stazioni...». Boia, mi ci vorrà un'ora. Ferma anche a Antignano e Quercianella. Anche a Vada. Il paese di Sara. Saranno secoli che non prendo un treno che ferma a Vada.
Il treno è semivuoto, scelgo lo scompartimento grande, magari c'è qualcuno con cui fare due parole.
Nello zaino ho anche un paio di fumetti, ma non mi va di leggere. Il treno parte, chiudo gli occhi.
Non l'ho quasi mai preso il treno. È più comodo il pullman, per la scuola.
Un anno a Cecina, bella botta che ho fatto subito al primo anno. Lo dicevo che non ero fatto per il liceo.
Troppo belli gli anni al nautico. Livorno. Quando si rimaneva il pomeriggio poi andavo in piazza Attias o sul lungomare a vedere le navi impallate nel libeccio. Il mare è sempre stato una cosa grande. Tipo una famiglia.
Sara ha gli occhi come il mare. Bella.
Madonna che sonno, quando non sei più abituato a alzarti presto dormiresti a diritto tutto il giorno. Ora vado al cesso e mi fumo un cicchino. Dopo il caffè ci vuole. Dove ho messo il pacchetto?
La porta cigola. Hanno lasciato la serratura chiusa e sbatte ogni minuto. Boia.
Le sigarette che mi son portato stamani costano poco ma fanno anche schifo. Fanno pari con questo sgabuzzino laido, la tazza dello scarico spaccata e le scritte sui muri che promettono prestazioni da brividi previo appuntamento. Anche lo specchio è sudicio e mi riflette a malapena la faccia, l'unica cosa che si vede è il marchio FS in angolo. Se mi metto la sigaretta di lato sembro Steve McQueen.
Il treno rallenta. Boia, no. Anche a Donoratico. Non mi passa più.
Basta, mi sembra d'essere un clandestino a viaggiare in bagno, torno nello scompartimento. Poi sbadiglio fisso, se non sto attento ingoio il cicchino tutto intero.
Via, ora si dorme. Il treno è ripartito.
Occhi chiusi, m'immagino di sognare e magari un po' dormo lo stesso.
Voglio sognare un'uscita in barca. Una mattina di fine agosto su una deriva, un bel maestrale da trapezio. Il vento in faccia e gli schizzi delle onde, i piedi puntati contro lo scafo e tutto il corpo fuori dalla barca, parallelo al filo dell'acqua, a bilanciare la forza propulsiva di una bolina sempre più stretta con la randa cazzata al massimo per una rotta controvento che sfida la natura intera.
Voglio sognare l'energia che mi prende. Voglio che la mente mi porti nel cuore di quella vibrazione unica. Voglio dormire e sognare di vivere sempre tra le onde, voglio...
«Biglietto, prego».
Un altro uomo con la giacca verde. Mi gratto la testa.
«Biglietto, sì. Un attimo».
Mi sento un imbecille. Mi alzo. Testa ciondolone. Mi tocco le tasche dietro. Ma il biglietto l'ho messo nello zaino, che imbranato che sono. Lo prendo e glielo porgo. Mi ha rovinato il momento magico di onnipotenza.
«Scusi, dove siamo?»
«Vada». Scende dal treno per controllare. Apro il finestrino e mi affaccio: chi scende a quest'ora a Vada? Gli immigrati. Quelli scendono dovunque. Ma non ne ho visti sul treno. Ah, quelle nere salite con me. Ma anche loro ci fanno poco a Vada.
Mi prude la testa. Ormai non ho più voglia di dormire. Vada mi ha risvegliato gli ormoni. Sara. Bello fare l'amore con te, anche se la mia macchina è piccola e ci batto la testa. Però alla fine mi abbracci e sento che provi piacere.
Siamo ripartiti, già il paese è lontano, penso non sia né salito né sceso nessuno. Sara. Il tatuaggio sul polso a forma di pentacolo, nascosto da un bracciale di pelle, e il tuo cane. Lo porti a spasso con la fierezza di una domatrice di tigri, mi piace vederti che vai a giro con quel bestione peloso. Adesso sarai a scuola. Vedi di finire.
Anche lei bocciata, di età sarebbe all'ultimo anno. Così poi sarebbero arrivati altri problemi, per tutti e due. È tutto un problema, una palla infinita. Non si può fare nulla in questa società di bottegai. Se ti metti un piercing sei un deviato. Se ti fai una canna sei un drogato, se ti vesti di nero sei un satanista. I capelli lunghi non ne parliamo. È difficile anche trovare lavoro. Il panaio quest'estate, croce sopra. Sballa gli orari.
Mi pesa la testa. Il finestrino è freddo, fuori non c'è niente. Non si vede ancora il mare, solo alberi morti e canne. Ora un campo di fiori gialli: soia, colza? Che ci facciano qui queste piante non lo so davvero.
Tra poco arriviamo a Solvay, con quelle casette a schiera tutte uguali. Il male di questi paesi è che è sempre tutto solito. Tutto uguale. D'inverno a lavoro e testa bassa. D'estate tutti al mare, e questi qui vanno alle spiagge bianche a prendere il cancro o ai canottieri, dove ci sono gli ingegneri e i capi, a leccare un po' e a farsi vedere. Io ai bagni non ci vado mai. Meglio la spiaggia libera.
Salgono un po' di persone. Di sicuro uno che va a Pisa all'università e due donne che blaterano.
Perché la gente ha bisogno di parlare a vanvera?
Ancora non si vede il mare. Che colori strani le case. Un'altra frenata, Castiglioncello. Una scala a chiocciola ganzissima all'esterno di una casa. Ecco la stazione, in mattoncini tutti di cotto: sarà vero o finto?
Qui sul treno è la morte. C'è uno che russa, non mi ero accorto di essere con qualcuno in questo scomparto. Lo studente tira fuori un lettore mp3 e lo mette a tutto volume, lo sento anch'io. Metal pesante, come piace a Sara. A me no, gli dico che è roba ganza ma solo per farle piacere.
Siamo ripartiti, ecco il mare di Castiglioncello, un tempo era dei vip. Adesso non so più. Altro mondo.
La costa è rocciosa, ci sono le stazioni balneari che garantiscono un po' di spiaggia altrimenti vai da te e son sassi. Da qui, dall'alto, i bagni sembrano manieri stile liberty o come si chiama, sonasega del novecento, in colori pastello di quelli da finocchi. Poi mi passano davanti chiazze di colore pieno, tutto verde e blu. No, le case non hanno proprio senso a confronto del mare.
Che palle. Viaggio infinito. Il controllore non c'è. Bene, così allungo le gambe.
Non ho più voglia di questa vita. Via tutto. Voglio l'energia. Voglio sognare a occhi aperti. Voglio le narici rivestite di salmastro, i capelli spettinati al vento e le palle piene da svuotare nei porti. Voglio imbarcarmi. Voglio lavorare sulle navi. Come quella lì, guarda bella.
È una nave da crociera, sicuramente. Va verso Bastia, la rotta è quella.
C'è libeccio. Gli tocca andare piano. C'è sempre il libeccio da qui in su. Tra tutte le certezze di merda di questa terra, quella del libeccio che tira è la più bella.
Che me ne frega di Sara, del suo cane e dei Korn a palla. Mi prende un'immobilità unica a stare sulla terra e a sentire sempre le solite lagne: i giovani che s'incazzano per il mutuo che non possono pagare perché sono precari e allora buttano giù chili di psicofarmaci e coca e viagra perché se pipano non gli si rizza, gli adulti che s'incornano e sono scontenti del governo, i vecchi che si divertono leggendo il giornale al circolo e ogni tanto accarezzano i nipoti.
Che me ne frega del sole e della pioggia, dell'ultimo film al multisala, delle discoteche estive e delle
radio di moda. Me ne frega un cazzo di niente. Voglio blu.
Scomodo questo treno, fortuna che siamo quasi arrivati. Gallerie.
Riguardiamo questi fogli. Devono prendermi stavolta a fare il marittimo, sono disposto a tutto. Non
ho più voglia di vivere sulla terra, senza il sale attorno le giornate non hanno sapore.
Stare sul divano e guardare i giochi di colori delle tende mentre penso alla mia barca che prende la
polvere dell'inverno? Vaffanculo.
Vaffanculo alla vita e alla morte, mi è rimasta una possibilità di decidere di me.
Tra poco si scende. Ho in tasca i rimasugli della stagione, trecento euro. A casa non torno. Rimango a Livorno al porto finché una nave non mi prende. Oppure quando ho finito i soldi prenderò il pullman fino all'Ardenza e mi metterò a camminare piano lungo la strada della costa a guardare il mare che s'infrange sugli scogli e le navi da carico che aspettano il loro turno per entrare. Guarderò le uscite dei cabinati verso la Gorgona o l'Elba. Prenderò un caffè al Calafuria e poi pian piano a sud verso Castel Sonnino.
Arriverò sul Romito e scenderò giù tra gli scogli. Cercherò la punta più sporgente da dove si vedono i sub con le loro boe e i gommoni fermi lì. Aspetterò la sera, se calerà il libeccio. Se no andrà bene uguale, e mi godrò il tramonto.
Poi lascerò la mia faccia al vento perché la prenda a schiaffi. E ancora sognerò le mie boline al trapezio, con gli schizzi dappertutto e la forza del mare che mi chiama. Urlerò con tutto il fiato e dirò che non mi sottraggo più, che ci sono. Che sono pronto.
Aprirò le braccia e volerò. Non sentirò che il vento dentro di me e il mare che mi accoglierà nell'unico abbraccio che mi piace davvero.
Diventerò acqua, a schizzare le rocce che vengono giù a strapiombo da Montenero.
Diventerò una bolina nel maestrale d'inizio estate o magari proprio una bella rotta da ondate di paura col libeccio, quando nemmeno si può uscire con la barca ma si sta solo a guardare rinchiusi nelle giacche, e indicherò a tutti l'orizzonte che chiama di un richiamo impossibile da ignorare.
E vivrò per sempre di una vita che amo davvero.
L'omino delle pulizie del treno. Dove sono? Già Livorno?
«Cosa? Si, mi scusi, scendo subito. Mi ero un attimo imbambolato».
Mare. Eccomi, arrivo subito.
Ci sono.
(In alto: una bella cartolina)
Il Trasciatti sito mi sembra molto ammalato. Non si aprono le pagine o si aprono a metà. Chiamate un dottore (anche Vannini va bene).
Mi aspettavo una critica al testo, e non alla grafica del sito.
Comunque, questo è.
Il sito si sta rendendo un pò complesso: il motoire grafico fa le bizze dopo le ultime aggiunte, ma se davvero ti fa problemi puoi mandarmi una mail e spiegarmi cosa non torna, magari l'aggiusto. Oppure chiamo il Vannini.
Grazie assai. Firmati.
Sir Libeccio
senta libeccio non mi prenda sottogamba o sottovento che dir si voglia. ho letto il suo truce racconto pornografico... il direttore ha le maglie larghe. io userei del filo spinato da sciabica. poi non mi occupo di problemi informatici. sono disinformatico per natura e condizione sociale.
aedo vannini pescatore di anime e animule
ma non lo sa come può essere pernicioso un pescatore di animule. a parte questo ho sempre desiderato essere una bomba a orologeria e distruggere tutti i blog nei quali mi incisto.
aedo
Le rispondo io, caro il mio aedo delle sette leghe, e le rispondo in quanto Direttore Superno di questo barcarozzo che continua ad andare avanti nonostante i suoi continui attentati. e dunque le rispondo dicendo...insomma qui è un gran casino primordiale, lei nannini vaedo, non ha idea della fatica che faccio - e che sta facendo anche libecciuoli - per fare restare a galla questo brigantino.
capitan tragitti
Grazie mister Tragitti, capitano di lungo (dis)corso, e mi scuso con lei dottor Vannini per non averla ossequiata con solerzia.
A differenza di come, a quanto dicono, fa lei, io reputo come un figliastro (o figlio illegittimo, a seconda dei casi) quel che nasce dalla mia penna e matura fino ad esser divulgato. Ergo, per quanto oggettivamente brutto (disarmonico, secondo la captazione della sua chat con Nautilius) possa essere, non merita di esser denigrato con gratuità. Comunque sia prendo nota dell'epiteto - pornografico - con il quale ha descritto il mio racconto ed intendo far tesoro di questa sia pur dozzinale critica per i testi venturi. La ringrazio vivamente.
Con ossequio e nobile deferenza,
Sir Libeccio
Rabbioso, solitario e fallico come sarebbe il faro di Viareggio se l'avessero piantato sopra gli scoglioni del Romito, invece che in fondo alla darsena.
Una guida sicura per i brigantini, briganti e naviganti che sempre più spesso si avventurano in queste trasciacque perigliose e non sempre navigabili.
M
In quest'ultimo commento di M., che suppongo sia quell'infingardo di MAURIZIO ANTONETTI CHE NEANCHE HA VOGLIA DI FIRMARSI PER ESTESO, mi sembra di poter cogliere un sicuro accento di solidarietà con il bistrattato Libecciuoli. Del resto, le critiche del Vannini sono tanto acute quanto gratuite, a scelta, al momento, a seconda, una volta dice nero una volta dice bianco. Io, quel Vannini lì, se non fosse padre di sua figlia Adornata, avrei già commesso un parricidio.
Tragitto
Potevi anche risparmiarti questa tua ultima supposta, caro direttor Trasciovvio, perché, a parte Il Mostro di Düsseldorf e un blog-periodico di filosofia creativa, non vedo poi un grande affollamento di M (non puntato, per inciso) nei paraggi.
M
Caro dottor M,
pur gradendo la precisazione del Trasciatti, sono lieto di fare la vostra conoscenza su questo blog e la ringrazio tanto di aver letto il racconto.
Mi inchino dunque a lei, come al gratuito Vannini che, pur con la sua pungente idiosincrasia per tutto quanto assume forma pubblica e/o pubblicabile, scuote quasi ogni discussione in chiave minimalista, distruttiva ed autoreferenziale ma intanto anima il dibattito.
Un inchino deferente di saluto a lei, dottor M, e anche al Trascianzi. Dottor Vannini, sappia che la stimo, e non solo come distruttore di blog ma anche come traviatore dell'estetica.
Sir Libeccio
Vannini! Popò di trugolo, lo senti cosa ti dice Libecciotti? Su, rispondi, non fare lo scontroso. Alzati e cammina sennò ti fiacco le tibie a calci.
Il direttarca
lei andrebbe slibecciato. è troppo ventoso e qui tutto è pericolante. il trasciattarca non riesce a tenere a galla (nel letame procelloso e subbollente) la sua barcaccia scazzata (sic). vorrebbe fiaccarmi i garretti a colpi di boma, ma è uno spappaficato sfioccato strinchettato ecc. ecc.
mi creda, andrebbe messo a spurgare nel vetriolo ma non ci sono vasche di spurgo abbastanza grandi (andrebbe consumato prima con una fresa a grana diamantata grossa o messo nelle mani di un maestro d'ascia)...
nedo vannini psichiatra
Debbo dire che in qualche modo ha ragione.
Sotto l'apparente irruenza del libeccio, il direttore è in realtà uno stanco maestrale di due nodi scarsi. C'è da dire che questo inficia la sua performatività ma non la elimina: chi va sano, sentenzierebbe il volgo, va lontano.
Dottor Vannini, finchè il Trasciatti va lascialo andare. E in fondo che vada è un bene anche per noi.
Spero di vederla a Firenze.
Sir Libeccio
LASCIALO ANDAREEEEEEEEEEEEE
Sì, ma fin quando il Trasciatti andrà? Domattina tenterò un'operazione a cuore aperto sul mio computer per vedere se riesco definitivamente a resuscitarlo. La diretta tv è prevista verso le ore 9 sul secondo canale (di scolo). Guardate, il momento è veramente critico e anche un po' criptico. Non riesco più a leggere la posta, non rispondo alle mail, non leggo nemmeno i pochi racconti che qualche povero volenteroso continua a mandarmi, non evado niente insomma, sono inevaso, prigioniero. Vannini, mi aiuti, mi mandi in soccorso Adornata o qui va tutto a schifio.
il direttore molto sofferente
lei è molto di più, lei è un grande moralista, dovrebbe avviare il recupero morale di questo bolocolo. io, come psichiatra ecumenico le darei una mano o due. facciamolo libreccio (ecco il nome!), facciamolo...
aedo vannini psicopompo e psichiatra astratto
Carissimo dottor N-aedo,
già mi sto organizzando per via umbratile a tal proposito. Sulla scia del recupero medievale dei trascendentali, mi stavo organizzando per una risposta-simposio che partisse dall'estetica come armonia, tema che so a lei caro, per ipotizzare una parenesi etica della prassi sinfonica. Un'etica che faccia breccia sulla pachidermica amoralità di quest'agorà informatica dai costumi ormai corrotti, ma che si limiti all'intuizione poetica di un bene possibile.
Salviamo l'onestà intellettuale (ma solo di alcuni) e l'ormai ecumenico libero arbitrio, di modo che chi vuole segua il Direttore nella perdizione, e chi ha ricevuto una stilla luminosa di beltà esistenziale si ravveda e si abbandoni alla liberalità cristallina del libeccio purificatore.
Il problema è che da fonti certe apprendo che il Direttore sta studiando progetti barocchi per costruirsi una nuova Arca di Noè: secondo me s'è ammoscato qualcosa...
In attesa di ulteriori frammenti di operatività, la saluto cordialmente.
Sir Lib-etico
dunque, facciamo un po' d'ordine: lei sarà LIBETICO e io, come giustamente mi fa notare, NAEDO.
naedo vannini officiante psichiatrico e fratello di roberto
Eccellentissimo Libetico,
cominciamo dunque la nostra opera di cauterizzazione del mondo. Io, glielo dico subito, sarò il suo gregario. Come saprà non ho arte né parte, né possedimenti. Ad eccezione di un magazzino di trattori nella pianura lucchese, a ridosso dei “paduli”, che comunque non è mio. Me l'ha affittato mio fratello Roberto rappresentante di articoli religiosi. Lui ci teneva enormi balle di reliquie, ma il mercato non tira più tanto... Ho ricavato un piccolo ambulatorio da un angolo del magazzino, con delle paretine di polistirolo e delle tende di plastica. I pazienti sono pochi e anche cattivi. Comunque è un lavoro che non mi piace perché risultati se ne vedono pochini, anzi, spesso i pazienti peggiorano e incattiviscono con gli anni. Insomma le dicevo che sono pronto ad aiutarla (nel mio piccolo) in questa grande opera di cauterizzazione. Ma direi di non perdere tempo.
Suo Naedo
Ebbene sì, mi sto costruendo una bella arca dove sistemarmi con tutti gli animali e galleggiare sul mare di...che si innalzerà nel Prossimo Diluvio, previsto per la fine dell'anno. Stasera come vedete, sono riuscito a mettere il naso nel mio sito e devo dire che è una tristezza: a settembre abbiamo sfiorato le 5000 visite, dico 5000! e questo mese vivacchiamo sulle 1700...ma dove sono tutti? Lo so, è anche colpa mia che non riesco ad aggiornare come vorrei questa baracca. I Libratti mi assorbono molto, sono molto assorbenti i Libratti, ma poi è anche che dovrei liberarmi di questo computer a valvole che mi ritrovo e comprarmene uno cristiano (ora qualcuno sicuramente me ne vorrà, e dirà che sono un fondamentalista antiecumenico antisolidale fomentatore di guerre di religione discriminazioni razzismi fascismi miasmi marasmi cataplasmi, ma chi se ne frega).
Comunque questa storia dell'Arca, caro Libecciotti, è veramente affascinante. Vedrà che quando uscirà il mio romanzo postumo se ne gioverà. Più che un romanzo è un trattato sull'Arca di Noè (o di Mosè? ora mi confondo, o forse di Moser? vede che ignoranza, Libecciotti, siamo molto approssimativi da queste parti, abbiamo bisogno delle sue precisazioni ermeneutico-teologali).
Con assombranza
direttore direttante
Ha visto che in alto a destra è sparita la copertina del Battista Marco Memorialista Allegorico? Che storia è mai questa? Chi l'ha presa?
Il sottosegretario alle sovraccoperte dei libratti
Esimio Direttore,
come vede, le immagini sono tornate. Si tratta, questa temporanea sparizione, di uno dei tanti tentativi che faccio per cercare di capire come funziona questo sito.
Purtroppo però mi sono accorto di una cosa: non me ne frega nulla.
Non m'interessa se non leggo un grassetto o un corsivo, a me interessano i contenuti e non gli specchietti per le allodole.
E tra poco penso che non m'interesseranno più nemmeno i contenuti: se devo navigare sul sito con l'attenzione a controllare un codice web che non conosco o una correlazione tra moduli che ignoro, perdo tutta la voglia e il divertimento di leggere che cosa scrivete Voi, il dottor Vannini, il venerabile Nautilio, l'acuto Antonetti o sonasega chi altro.
Esimio direttore, mi rincresce di quanto le ho detto.
Appena terminerò i miei studi attuali (tra circa vent'anni) deciderò se prendermi come hobby quello di gestire il sito del trasciatti. Nel frattempo lei valuti l'ipotesi di un'apocatastasi in quanto a contenuti e sistema di gestione dati, ovvero a cancellare tutto e ricominciare da capo.
Con riverenza e devozione,
Sir Libeccio
Riverenza e devozione un accidente. Il tono mi pare assai sgarbato. D'accordo, non le chiederò più nulla. Lei ha già fatto abbastanza per questo sito. La ringrazio e la saluto.
Il Direttore
Non si sbagli, direttore: il tono non voleva essere - e di fatto non è - assolutamente sgarbato. Sono semmai i contenuti che a lei non vanno a genio.
Su questo ho poco da obiettare, ma ho anche delle nodose difficoltà a descriverle la situazione con la dovuta parresia senza esser pedante o, vulgo, paraculo.
Non dico che non debba chiedermi più nulla; al contrario, intendo illustrarle il contenuto di ciò che mi chiede per renderla partecipe in ogni passo delle mie operazioni informatiche.Ovvero, in questo caso, della mia attuale impossibilità ad operare con efficacia.
Nel dolermi di questa trista incomprensione, la saluto.
Sir Libeccio
libetico, cerchiamo di distruggere questo blocolo con dolcezza euchessiniana...
noi (io e lei) potremmo fare grandi cose. si tratta solo di eliminare il direttore (che è un inetto). poi è permaloso...
Lei Vannini è un insetto, cambia opinione come tira il vento. Una volta lo diceva a me "insieme possiamo fare grandi cose". Ora fa gli occhioni dolci a Libecciuoli...
il dirigente
libetico, mi dia retta, affoghiamo il direttore. non diamogli il tempo di farsi una zattera di libratti.
naedo
Non so se ultimamente l'ha visto di persona. Il direttore è abile al galleggiamento per costituzione fisica. Sono propenso più al golpe di potenza che al delitto Fletcher. Ed intanto, per smuovere le acque, mi permetto di trasferire altrove la conversazione, tanto per conferire anima pratica al nostro intendimento.
Con corrisposta perfidia,
Sir Libeccio