...l'autore del mistero...

Sab, 08/16/2008 - 15:08

...l'autore del mistero...

...Il luogo dove ora mi trovavo era una sorta di immensa ed assai scoscesa forra, che dalla cima quasi della montagna sboccava, press'a poco in linea retta, su un falsopiano a mille metri circa più sotto; dalle pareti rivestite di fitta vegetazione. Non ho mai dimenticato, malgrado la miserevole condizione in cui mi capitò di percorrerlo, la selvaggia bellezza di quel luogo e insieme la oscura suggestione, o l'oscuro terrore, che sembrava aleggiarvi; nella quale suggestione entravano senza dubbio per qualcosa i miei nervi scossi.
Avevo disceso la metà di questo burrone, quando mi fermai indeciso: ad onta della mia ferma risoluzione di poco prima, non potevo non riflettere che raggiungere ancora a giorno il fondovalle era quasi come correre in braccio al nemico, giacché le pattuglie usavano molto spesso bivaccare, fuori dai loro quartieri, nei luoghi più accessibili della montagna. Se per contro fossi stato sorpreso dalla notte, non avrei certo saputo orientarmi in quei posti del tutto sconosciuti, né tanto meno procurarmi la necessaria ospitalità. Per di più il burrone medesimo era divenuto pressoché impraticabile: grosse rocce piatte e sdrucciolevoli, strapiombanti l'una sull'altra a molti metri d'altezza, si nascondevano fra l'intricatissima boscaglia, che prosperava nelle loro stesse crepe.
Ma mentre così, tristemente, mi consigliavo meco, l'occhio mi cadde su qualcosa che poteva esser giudicato un sentiero o una traccia, e che, tagliando poco più sotto trasversalmente la forra, ne risaliva e girava ambedue le groppe, a dritta e a mancina. Spintomi fin lì, constatai di fatto la presenza d'un sentiero di pastori, per quanto appena riconoscibile e rilevato piuttosto dalle tracce di capre che qua e là lo cospargevano. Decisi comunque di seguirlo: evitavo con ciò di spingermi troppo verso il basso, e avrei probabilmente finito col raggiungere qualche capanna. Rimaneva da stabilire la direzione; presi, a caso, verso sinistra. Risalii la pendice, ne attinsi il colmo. E qui m'aspettava la più piacevole vista, nella mia condizione. Quanto cercavo con poca speranza era lì ai miei piedi, a qualche tiro di fucile: una casa! Dal cui camino, per giunta, si elevava, nell'aria umida e quasi fosca, una fumata scompigliata dal vento, assai malinconica forse di per se stessa, ma che a me apparve non so dir quanto allegra. Il cuore mi si aprì, mi mossi verso la provvidenziale dimora.
Essa era posta su una specie di minuscolo altipiano, sto per dire ballatoio, d'ogni parte circondato da groppe o colli, che la montagna formava in quel luogo, ove confluivano due o tre massicce pendici. Circondata da alcune dipendenze, appariva grande e di aspetto dignitoso, una residenza signorile o un maniero piuttosto che una fattoria. Vi avrei dunque sicuramente trovato ricetto e cibo; se tuttavia questi benefizi mi fossero stati accordati.
E invero, passato il primo trasporto, mi toccava, mentre percorrevo quella breve distanza, pormi i più forti dubbi su tale punto. Poiché la gente allora usava aiutare in ogni maniera i randagi, in ciascuno dei quali vedeva un patriota perseguitato, ma non per questo si nascondeva i pericoli, di compromissione e per la propria incolumità personale, che simile uso comportava. Poteva insomma uno sconosciuto tanto poco raccomandabile, armato, barbuto, fangoso, dalla fisionomia inselvatichita, quale m'ero ridotto, sperare d'esser ricevuto in una casa remota fra le montagne, all'ordinotte? quando, come di patrioti, così di malintenzionati, di spie e di traditori pullulava la regione? Se la casa, secondo appariva verosimile, era abitata soltanto da donne e da vecchi (la parte della popolazione che aveva qualche probabilità di salvarsi, se non da tutte, almeno da alcune vessazioni degli invasori e poteva arrischiarsi a non abbandonare il proprio focolare), non si sarebbero, questi deboli abitatori, ancor meglio sprangati dentro, nonché aprirmi i loro battenti? tanto più che io ero solo, e mi sarebbe, al postutto, stato difficile far qualcosa contro una porta chiusa?
Uscii dalla boscaglia, risolto comunque a impietosirli chiunque essi fossero, e attraversai rapidamente il breve tratto di terreno, un campo coltivato, e il pomario o giardino che circodavano la casa. Speravo di vedere qualcuno cui dar la voce, ma le adiacenze si mostravano assolutamente deserte, di creature umane come d'animali domestici. I cani di quei luoghi essendo rissosi in modo particolare, mi stupì non scorgerne che mi si scagliassero contro. Del resto il crepuscolo aveva già quasi ceduto all'oscurità, e già distinguevo a gran fatica gli oggetti circostanti: forse gli abiatatori della casa e i loro animali erano ormai rinchiusi per la notte. Ma non udivo alcun rumore neppure dall'interno delle dipendenze, stalle, rimesse o fienili, che andavo ora rasentando; eppure la casa era sicuramente abitata, come provava a sufficienza il fumo che ne avevo veduto levarsi un quarto d'ora prima.
Giunsi a piè della facciata principale; essa si ergeva livida nell'aria bruna e aveva davanti un vasto terrazzo, cui si accedeva per una doppia rampa e su cui si apriva la grande porta. Notai, sulla balaustra di pietra di questa rampa, alcune piramidi e palle anch'esse di pietra, come ne aveva, tre o quattro secoli fa, quasi ogni rustica dimora dei nobili in quei paraggi. Sul piano della terrazza, intravidi ciuffi d'ortica o altre erbacce, che crescevano di fra le commessure del lastricato; accanto al portone, il muro aveva perduto un largo pezzo d'intonaco. Per quanto, in una parola, si poteva giudicare alla prima, era quella una vecchia casa caduta in abbandono.
Poiché luce non si vedeva da nessuna parte, rimasi un tempo in ascolto: neppure di qui veniva il menomo suono. Anche i sommessi rumori della montagna erano cessati, si sarebbe detto, all'improvviso. La piena di qualche vallata lontana, il cui leggero scroscio avevo avuto tutto il giorno negli orecchi, doveva essere defluita completamente; la pioggia, che aveva seguitato a cadere, a sgrulloni, dal mattino, era del pari, per un momento, cessata, e la natura intera subiva uno di quei curiosi attimi di sospensione quando ogni cosa sembra tenersi in prezioso e minaccevole equilibrio.
Quel silenzio assoluto e funesto cominciava a turbarmi i già provati nervi. La finestra a pianterreno, protetta da un'inferriata, che ora scoprii non lungi dal portone, era del tutto buia. Mi decisi a chiamare: la mia voce risuonò senza eco nell'aria vuota, né ottenni risposta alcuna. Dopo alquanti di tali tentativi, afferrai risolutamente il grosso battaglio del portone e lo lasciai ricadere pesantemente: dalle viscere della casa si levò un suono cupo e sordo che mi dette i brividi, ma nessun altro risultato si produsse. Raddoppiai, dopo la debita attesa, i colpi, con violenza sempre maggiore: non ebbi miglior fortuna. Ciò era del resto prevedibile, poiché questo normale modo d'annunziarsi non era tale coi tempi che correvano, per chi avesse buone intenzioni; se gli abitatori non avevano risposto ai miei reiterati appelli, tanto meno dovevano farlo alle mie bussate. Confesso tuttavia che fui preso, allora, da un certo irragionevole e indefinibile terrore, che, ad onta della mia poco allegra situazione, conteneva persino un tanto di curiosità. Oltre a procurarsi la necessaria ospitalità, bisognava insomma finirla con questa storia...

 

(In alto: mascherone, castello di Govone, CN; foto Trasciatti)

  1. Alessandro B (non verificato) on Gio, 08/21/2008 - 17:22

    si, bello... ma la strega quando arriva?

  2. trasciatti on Gio, 08/21/2008 - 18:27

    Ora arriva, calma. E poi non  è question di streghe, peggio, molto peggio...

    il direttante

  3. ghyaia (non verificato) on Ven, 03/05/2010 - 19:21

    cosa c'è di peggio delle streghe? i draghicefali, lestofanti, idrovore