Nov
7
Mariapia Frigerio: Due vecchi scrittori
Ven, 11/07/2008 - 21:02
L’amicizia richiede –tra le tante cose- affinità. Affinità elettive che possono riassumersi, a volte, in un luogo in cui stare, magari banalmente un luogo-oggetto che potrebbe essere –perché no?- una poltrona.
Così i due vecchi amici scrittori vivono la maggior parte della loro giornata seduti in poltrona.
E’ a fiori, di tipo tradizionale, quella di Cancogni e guarda sul mare. Lui, quasi statua inamovibile, se ne sta lì immobile come se nulla potesse scalfire la sua impassibilità: né la bellezza dell’acqua, né le persone che lo visitano. Poi, miracolo!, una domanda curiosa fa muovere di nuovo quei suoi occhi così vivi e indagatori e di colpo fa interrompere il suo silenzio con poche parole, ma così precise, così decise, così intelligenti che ci riportano al Cancogni eccezionale conversatore, al Cancogni insuperabile intrattenitore nei pomeriggi estivi alla Versiliana prima che si chiudesse nella sua forzata depressione. Perché è difficile credere che il male oscuro abbia potuto colpire una persona di tale vitalità, l’inviato de “L’Espresso”, il direttore de “La Fiera Letteraria”, il vincitore del Premio Viareggio con “Quella strana felicità”, l’autore del canto dell’amicizia di “Azorin e Mirò”, dei segreti domestici di “Perfidi inganni”, della felicità coniugale di “Sposi a Manhattan”.
Se un ipotetico visitatore volesse poi conoscerne l’amico, dovrebbe abbandonare la distesa marina e, allontanandosene in direzione di Pietrasanta, giunto quasi a Camaiore, salire i tornanti di un colle che, non a caso, si chiama Belvedere.
Qui troverebbe un vecchio signore seduto in una poltrona di midollino,
quasi anatomica, con scomparti portaoggetti ai lati dei braccioli, che legge. Perché Angelo Ponsi legge tutto il giorno così come Manlio Cancogni si perde in chissà quali pensieri, ignorando –forse- lo spettacolo del mare.
Legge, Ponsi, in una grande stanza con un grande camino acceso per la maggior parte dell’anno ed è talmente importante questo camino acceso che la legna arde –idealmente- anche quando il camino resta spento nei tre o quattro mesi più caldi. La poltrona e il camino sono, infatti, parti inscindibili del suo stesso essere. E quando smette per poco la quasi incessante lettura e guarda fuori dalle basse e lunghe finestre della cucina il suo sguardo si posa sul morbido profilo del Prana. Così su questo monte si susseguono le stagioni ad accompagnare i suoi pensieri.
Ponsi è uno scrittore anomalo. Se si parla con lui, la prima cosa che dice è di essersi interessato per tutta la vita di rubinetti. Ed in effetti, oltre ad essere uno scrittore, è stato un industriale. Un industriale anomalo costretto a mandare avanti l’azienda di famiglia. Una scelta, dunque, necessaria.
Ma a soli ventun anni – nel 1941- “Oggi” gli pubblicava il primo racconto, “Mio nonno”, poi Einaudi “La dichiarazione”, mentre su “Nuovi Argomenti” usciva “La valigia” e sul mitico “Nuovo Corriere” di Bilenchi un suo racconto a puntate. Fino alla sua ultima opera edita, quell’ “Angelino” prefato dallo stesso Cancogni.
Ma questo scrittore anomalo, questo anomalo ex-industriale ha ancora molte cose scritte che meriterebbero di venire pubblicate.
Forse è colpa della sua poltrona se Angelo Ponsi non si muove in questo senso, come forse è colpa sempre di una poltrona se Manlio Cancogni si astrae dal mondo che lo circonda.
Così è un oggetto, una banale poltrona, l’amica-nemica dei due amici.
Marzo 2006
(Nota del direttore: sono stato a trovare Cancogni di recente, sta sempre in poltrona, ma parla parla parla come un merlo indiano, la depressione è solo un ricordo. In alto: Cariatidi di Govone trasportate a Praga per una mostra, Photo Monika)
Due amici scrittori rappresentati in un ‘appunto’ letterario scritto con gentilezza che poco ci dice sulle loro poetiche ma che sposta l’attenzione, e non senza una piccola sfumatura divertita e ironica (quell’accenno iniziale alle ‘affinità elettive’), su di un minimo comune quotidiano rappresentato da una poltrona sullo sfondo variopinto della bella Versilia.