ll futuro catastrofico nelle storie di Longo scritte sopra l’abisso
© IL PICCOLO, 07 febbraio 2011 — pagina 15 sezione: Cultura – Spettacolo
di Chiara Mattioni
Scenari che ci vengono incontro nel punto in cui vita e incubo coincidono, drammatizzati da colori violenti o al contrario da luci fredde da obitorio, personaggi enigmatici e furtivi, un mondo rappresentato come un regno di ombre, luogo di larve e fantasmi oppure di creature sbalzate da notturne ossessioni e leggende mitologiche, tutto a celebrare il trionfo dell’insuperabile incapacità dell’uomo di sciogliere l’enigma della propria origine e del proprio destino. A celebrare il mistero della cosmogonia e dell’esistenza, che neppure la scienza sempre più raffinata riesce a risolvere. I dieci racconti di Giuseppe O. Longo scritti tra il 1979 e il 1997 (due dei quali inediti) e raccolti ora nel volume Il ministro della Muraglia. Racconti dall’abisso con 10 disegni di Loretta Schievano (Trasciatti editore, Collana I libratti, pagg. 116), ambientati ora in un tempo indefinito ora in un «futuro catastrofico vagamente cyber» come leggiamo nella quarta di copertina, narrano di «creature sub umane assemblate al servizio dell’uomo, di costruzioni inanimate che prendono oscuramente vita», di smarrimenti nel rebus di una destinazione, e imprigionano il lettore in un’atmosfera visionaria e ipnotica che dà ritmo alla scrittura nell’intreccio di sogno e realtà.
Longo, scienziato nel campo dell’intelligenza artificiale, professore emerito di Teoria dell’Informazione, con all’attivo una poliedrica produzione letteraria di saggi, romanzi, racconti e radiodrammi, non è nuovo al genere. Ma pur inserendosi in una certa tradizione, soprattutto mitteleuropea, di scrittori che si nutrono di scienza, è un autore difficilmente inquadrabile. È lo scrittore di fantascienza che riversa in narrativa le teorie scientifiche alla base della sua formazione? È lo studioso che si diletta a scrivere romanzi per puro godimento intellettuale? O è un investigatore che introducendosi nelle viscere di un mondo cupo e sommerso o fantasticato, vuole indagare il mistero più oscuro di tutti, quello dell’animo umano?
La nostalgia per uno sconosciuto pianeta d’origine che è il fil rouge di questi racconti, come l’intuizione di mondi paralleli, scaturiscono dal costante senso di estraneità alla realtà circostante che accompagna la vita dell’uomo e che l’autore evidentemente conosce bene. Lo stupro che subisce Giulia da una mostruosa creatura dell’ingegnetica, creata come deposito di organi per gli umani, una sorta di Golem a metà fra una scimmia e qualcos’altro, che trasuda una malinconia ottusa molto più terrificante dell’immagine di mostro crudele e feroce (“Aviatore al tramonto”); una costruzione abbandonata e fatiscente percorsa da una forza tesa e minacciosa che si vendica di due vecchi abusivi seminando in uno di essi «il germe pallido della follia» che lo spinge all’omicidio della moglie (“Fornace vecchia”); le duecentotrenta braccia di pietre squadrate (forse una metafora della Scienza?) che hanno il compito di difendere la città di Kuluttua dai mostri dell’Oceano, i cui barriti terrificanti giungono da una lontananza inenarrabile (“Il Ministro della Muraglia”); ma anche la descrizione di un mondo in cui ciascuna creatura deve ottenere un “certificato provvisorio di registrazione” per avere cittadinanza (“La registrazione”) sono racconti inquietanti, allucinazioni disseminate da indizi che tuttavia non giungono mai a uno scioglimento né tanto meno a una certezza.
La particolarità di Longo è poi una scrittura ricca, ricercata, carica, “sinuosa ed elaborata”, impregnata di echi letterari, anche quando tratta temi avvenieristici e terrificanti, con un effetto ancora più straniante, differenziandosi in questo dai alcuni “colleghi” celebri, primo tra tutti Asimov, dalla scrittura linda e misurata. Uno scrittore vero quindi, con un entusiasmante senso della scoperta, dell’esplorazione dell’ignoto, con l’anelito alla conoscenza dell’Ulisse dantesco, senza il quale la ricerca scientifica non diventerebbe appassionata. Anche se la conclusione a cui arriva, e che mette a disagio il lettore facendogli intravvedere, appunto, l’abisso, è la non autenticità della realtà apparente.
Da segnalare infine la veste grafica del volume (particolarità della collana di letteratura illustrata I Libratti), con i bellissimi disegni in bianco e nero di Loretta Schievano, nati dalla mano e dal cuore di un’artista che, si vede, ama le sorprese tra le linee e la luce filtrata dai chiaroscuri.
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Trieste e Lucca, pianeti meravigliosi della Fantascienza italiana,
da lontano, con una stellina, vi saluto facendo la gibigiana.
Gibigianno, manchi solo tu in questo asse fantascientifico! Fammi sapere qualcosa delle mappe interstellari che stai facendo, non nasconderti dietro un armadio a muro, non vestire di copertoni infiammabili come tuo solito! Liberati dal tuo Pragocentrismo!