Sembra, anzi, è certo… diciamo che sembra certo che il famoso dott. Nedo Vannini Psichiatra e Meccanico Trattorista riaprirà il suo ambulatorio on line su questo sito. In realtà l’ambulatorio non è mai stato chiuso formalmente, ma in pratica sì, cioè il Vannini ci si era chiuso dentro e aveva smesso di ricevere pazienti. Ora, finalmente, pare intenzionato a riprendere le consulenze, a patto che i pazienti siano maschi e con patologie conclamate. Esperto anche in podologia, cura emorroidi e ragadi. Per rinfrescarvi la memoria sul dott. Vannini potete leggere qui.
L’immagine è tratta dal De monstruorum natura, caussis, natura, et differentiis libri duo (1616) di Fortunio Liceti.
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Sì, Sacarolius, Mervinius è un mio lontanissimo paziente. Ma anche Tito Lamenti non mi è nuovo. Credo di averlo visto qualche volta in astanteria. Marvinius non è pazzo però. Mi ricordo una certa costipazione cerebrale, e questa fissazione col ramo dei Lamenti. Ma tutto lì.
Sono invece interessatissimo al discorso dei transienti. Potrebbe essere una scoperta non da poco. Potrebbero in effetti esistere tre tipi di psichiatra: il transeunte, il transuente, il transiente. Lei non immagina, dottor Sacarolius, quanto la trinità mi affascini. Comunque ne parleremo in dettaglio. Mi venga a trovare più spesso.
Guardi dottor Dinegro, io detesto la Patafisica per principio. Certo se mi mettessi a parlare della Gastrofisica potrei sembrarle un patafisico. Ma diffidi di queste facilonerie. Che le gastriti non son faccende astrali è cosa facilmente sperimentabile. Si potrebbe però discutere – e lungamente – sulla natura gastrica del cielo. E qui mi incanto dottor Dinegro.
A presto.
Maledetti! Io lo brucio questo ambulatorio. Vi ci chiudo dentro e poi lo brucio!
Stupisco.
Ma anche perché di fronte a casa mia c’è un campo.
E tra il campo e il marciapiede c’è un lembo di terra incolta dove le ragazze ci portano i cani perché facciano le loro esternazioni mattutine.
Stamani ho letto e meditato e ruminato la torre che mangia i poeti e poi ho visto una ragazza che non c’era. C’era solo il cane. La ragazza l’ho vista, però. Ma non c’era. L’erba non si muoveva al suo passaggio e, a ben vedere, neanche i suoi capelli venivano ondulati dal vento.
Era alta, corporatura latina, bella nelle sue forme, un po’ abbronzata e con dei capelli biondi tendenti al verde, come il grano nei primi giorni di luglio. Scommetto che non aveva carie e faceva bene l’amore.
Vorrei parlarle, ho pensato. Allora lei si è voltata e ha starnutito.
Ho chiuso la finestra.
Che abbia visto un miraggio della torre?
Mio caro Bortolo,
Lei ha indubbiamente “visto”. E qui la psichiatria fa un passo indietro, e davvero stupisce se stessa per la propria impotenza, e, se così si può dire, per la propria infinita marginalità. Ma che cos’è un’infinita marginalità se non la continua (perseverante e diabolica) dilatazione dei margini? Ecco, mio caro Bortolo, glielo dico sinceramente: non posso fare nulla per la sua particolarissima malattia. Posso congetturare (ma ne ho il diritto?). Posso pensare che è stato un errore incomprensibile chiudere la finestra senza prima buttarsi di sotto. Ma non vorrei mi si accusasse di instillare nelle menti porose dei pazienti l’idea liquida del suicidio. Oltretutto glielo dico per esperienza pluridecennale : l’idea del suicidio non è acqua fresca.
L’idea del suicidio è acqua ristagnante. Acqua sudicia. Anche quest’altra idea sarebbe interessante a studiarsi. Togliersi di mezzo non deve essere poi così semplice, così immediato. Si deve proprio essere immersi fino al collo in quelle acque nere e torbide, finché tutto quel liquido arriva agli occhi, li copre, si diviene ciechi e non c’è nulla da fare che lasciarsi sprofondare. Togliere il disturbo. Stamani ci pensavo, ma non ne varrebbe minimamente la pena, soluzione troppo semplice, disperata e irreversibile. Ho ancora quel conto in sospeso con quel tale ente – e non mi riferisco a qualsivoglia ente benefico o politico – ma a quell’Ente con la E maiuscola che poi diviene pure D.
Sono i pensieri ricorrenti, i ricordi incancellabili che diventano ossessione, difficile liberarsene…
Oltre a questo, Dott Vannini che altro dire, tornerò in questo ambulatorio per portare il mio contributo alla ricerca sulla psichiatria transiente. Andrò a raccogliere altri dati e quando tornerò stenderò un bel resoconto sui casi clinici incontrati per la mia strada.
Nel frattempo le sottopongo all’attenzione un caso un po’ anomalo. Un paziente che normalmente adorava leggere, ma per noia o per altri pensieri non riesce a concentrarsi su alcun libro.
Allora ho congiliato a questo tale alcuni libri, mi dica anche lei quale potrebbe essere il più inidicato. Il mio obiettivo è quello di farlo ritornare a leggere e a vivere con serenità, tenendo in considerazione quello che era, ovvero un povero diavolo, un sognatore che è riuscito sempre e comunque a conciliare la caduta con il volo.
- Tenera è la notte di F.Scott Fitzgerald
- Le onde, di Virginia Woolf
- Punto contro punto di Aldous Huxley
- Moby Dick, di Melville
Opterei per Moby Dick, potrebbe prendere il largo per altri lidi, alla ricerca dell’impossibile o del possibile. In fin dei conti credo che voglia essere solo felice, ma a lui l’ho detto, tutto ciò è impossibile.
Antao Sacarolhas
Cane del cielo! Sicuramente, da quasi inesperto, concordo al 95% con Antao, da aggiungersi ad un altro 13% per motivazioni personali e raggiungere il 108% di stima per Moby Dick. Mi sembra un buon risultato.
Piuttosto, io stamani andando a lavoro ho incrociato, per viuzze fatte a scorciatoia, un esagerato numero di trattori: che sia proprio nel giorno astrofilo di san Lorenzo la Giornata Nazionale della Psichiatria Agro Somatica di cui il Dottore è primo luminare?
Purtroppo, Sacarolius, non conosco nessuno di questi libri. Né conosco (nemmeno di nome) questi autori moderni o postmoderni.
Il libro più recente che ho letto è “La classificazione dei topi” di Otto Lowen (il bisnonno di Alexander). Un poemotto di età vittoriana sulla vita interiore dei lacchè.
Salve. Mi interesso abbastanza di psichiatria. Le teorie di Lowen ad esempio le uso per preparare al parto (io faccio il ginecologo) le donne troppo tese (un buon 40%). Devo dire però che non capisco quasi nulla di quello che dicono qui i vari medici. In particolar modo trovo ostico il medico col nome brasiliano.
dottor Carlo Cinquini
Portoghese, Dottor Cinquini, Portoghese!
Cercherò di essere meno ostico…
Oggi non aggiungo altro
Mi scusi dottor Sacarolhas, lei è uno psichiatra? Io sono capitato qui per caso. Avevo scritto un piccolo commento al racconto di Alessandro Trasciatti che mi aveva un po’ turbato, Sa, L’acrobata?. Ho visto l’ambulatorio e sono entrato, solo perché sono medico, Però non ci ho capito molto.
La saluto dottore.
C.C.
O Cinquini che ha da essere turbato? Lei non si è mai innamorato di un’acrobata? Io sempre.
Gentile dottor Cinquini,
non ho capito se lei è un primario o un ginecologo della Mutua, o addirittura se è un medico radiato. Noi qui – glielo dico subito – abbiamo molti pregiudizi. L’Ambulatorio è la punta di diamante di tutta la Psichiatria Mondiale. Il dottor Sacarolhas può confermare…
Io non ho niente contro la Ginecologia in sé. È che passo per un misogino. e questo conta…
Sarò più chiaro: non vorrei che la sua presenza fosse di cattivo auspicio.
Sa… la signora Percalli mi esaspera da anni, con la speranza di un consulto che QUI non avverrà MAI. Lei capisce benissimo che un’isterica come la Percalli potrebbe essere pazzamente attratta da un ginecologo. Perché se è vero che tutto è psichiatria è anche vero che tutto è ginecologia. No?
Senta Vannini,
preferirei per il momento non parlare del mio lavoro, che tra parentesi mi fa orrore. Purtroppo di psichiatria non so molto (ma, detto tra noi, nemmeno di ginecologia). Il racconto del Trasciatti (è un Direttore di Banca?) mi ha turbato per quel certo non so che… Mah… forse per qualche cosa che manca e lascia precipitare le persone… Ma dove precipitano le persone? C’è una cantina qui? Sa… a me è sempre mancata la terra sotto i piedi. Immagini il capogiro che mi danno gli acrobati. Insomma mi ci sono sentito male e sono finito qui.
C.C.
Oggi mi hanno parlato di Biswanger.
Anche quello dà capogiro. Ma mica per quello che dice, per come si chiama. Potrebbe perfino essere uno psichiatra, e infatti lo è, ma ha un nome da imprenditore dolciario, tipo Bahlsen.
Il tutto della psichiatria, a parer mio, è racchiuso lì: come si chiama.
Come si chiama il male ed il malato, il bene ed il suo fruitore.
Anche l’acrobata, fa le acrobazie. Ma magari si chiama Gino.
Poi ti capisco che a leggere i racconti sugli acrobati ci si sente male.
Il modo migliore per guarire dalle malattie è cambiargli nome.
Bi(n)swanger era nipote di Otto Lowen, che, come saprà, è il fondatore del manicomio di Kreuzlingen. Un gioiello di manicomio al quale mi sono ispirato quando ho cominciato a pensare a un ambulatorio ricavato da un’ala della cosiddetta Rimessa Landini. Poi mi sono confuso e l’idea dell’ambulatorio come porziuncola di un’edifico intellettuale più vasto si è -come dire? – ristretta nel mio cervello. Nel frattempo il Grande Corpo Ecumenico dei Landini ha cominciato a gonfiarsi e ad espellere da se stesso l’idea di un interstizio manicomiale. Che fare? Soggiacere alla volontà belluina di questa vasta e incoercibile landinità o difendere l’idea (umanissima) della Porziuncola? Non ho saputo rispondermi, caro dottor Del Boccale. Ecco perché sono qui ad avvolgermi in un lamento che – ironia della sorte – ha (nel ritmo) qualche cosa del Ciclo Otto.
Tutte le volte che passo da questo ambulatorio mi viene voglia di lasciarci un candelotto di dinamite. Acceso.
Comincio a pensare che questo posto sia pericoloso.
C.C.
Cinquini lei è un pusillanime. La detesto anche se non la conosco. Da quando ha dichiarato di essere stato inquietato dalla mia squisita novella L’acrobata, la disprezzo vivamente.
Cari dottori e disgraziati pazienti,
ho deciso di andare in ferie dal 15 agosto al 15 settembre, o forse ottobre, o forse novembre, o forse dicembre…
Vedetevela un po’ voi.
nedo vannini psichiatra
Probabilmente sono l’unico qui. Ferragosto è un giorno particolare. Il luogo comunque mi piace. Mi piace questa solitudine non so se prima o dopo il disastro.
Pensavo che qui non tutti fanno il loro dovere. Pensavo che se l’ambulatorio fosse mio diventerebbe un luogo santo. Pensavo che la ginecologia è all’origine prima di tutto della filosofia. Pensavo che la filosofia è all’origine (dopo tutto) della malattia mentale.
Non so perché spero che il Vannini sparisca. Non so perché spero che il direttore smetta di sconfinare.
Ecco, è così che si prende possesso di tutto questo spazio. È così.
Mi si chiama al telefono (è il Vannini non so da dove perché il numero non è quello dell’ambulatorio), mi si dice di correre lì, di fare presto perché sta accadendo qualcosa di memorabile. E allora mi precipito in quella stanza bianca, con il caldo di ferragosto che mi opprime le meningi, e non trovo niente: tutto vuoto, tutto silente. Poi mi chino perché vedo spuntare una pinna adunca da sotto uno scaffale. Chi è? Chi sei? Sei Cinquini? E quello niente, non una parola, non un sospiro, pare murato là sotto nel suo liquame biancamente stolido. Che ci fai lì? Vieni fuori, non ti faccio del male (non è vero, gliene farei tantissimo). E quello continua nel suo niente, nel suo far finta di non esistere come facevo io da bambino quando mi nascondevo sotto il letto per non dovermi mostrare agli invitati a cena, amici dei genitori o parenti. Io mi ficcavo là sotto e non ci uscivo per la vergogna. Vergogna di che? Mi viene da chiedermi adesso. Vergogna di che? Davvero. Di esistere, forse. Di farmi vedere che esisto. Sentirmi sorpreso a esistere. Cos’altro se non questo? Dopotutto ero in casa mia, con la mia mamma, il mio babbo. Che c’era da vergognarsi? Erano gli altri semmai che avrebbero dovuto sentirsi intrusi. Ecco, io cercavo di farli sentire intrusi. Ma no, non era un calcolo, quella semmai era una conseguenza. Io mi vergognavo di esistere. Come ora il Cinquini, imbelle, infingardo, vile e pusillanime oltre ogni immaginazione. Sento le campane del ferragosto che suonano, sembra Pasqua, sembra Natale. Ma questo ferragosto è così bianco da spaventarmi, così silente e solitario, pieno di nulla, con un Cinquini spaventato che ora mi fa quasi pena. Forse andrebbe soppresso, schiacciato con un piede, sentire che fa sciac! sotto la suola della scarpa.
Ah, Trasciatti. Che uomo rozzo è lei. Come non ha rispetto per certe creature silenziose. Sì. è davvero accaduto qualcosa, Ma come può capirlo… C’è un vuoto, lì, sotto la scrivania del Vannini. Lì dove lui dondolava le sue ginocchia. E sulla sedia, quella cavità a forma di mezza mela è qualche cosa di incolmabile. È appunto l’impronta di un genio. La sua conchiglia. La sua delicata testimonianza. E io direttore sono qui come un vicario. Le pare poco?
Carlo Cinquini medico chirurgo specialista in ginecologia e turbe dell’apparato riproduttivo
Cinquini vicario di Vannini! Veramente stiamo superando ogni limite alla decenza. Io non credo che Vannini sia trapassato, al massimo si tratta di uno svaporamento temporaneo, come le nubi di ferragosto che oggi mi opprimono particolarmente. Sento degli odori di guasto ovunque, e non solo perché la mia strada è ottundata da montagne di spazzatura, no, non è solo questo, è un guasto più fondo. Non glielo ho mai detto al Vannini, ma già da piccolo avevo di questi sentori, sentivo il guasto ovunque, i puzzi nei bicchieri, vedevo poi macchioline impercettibili sui calzoncini bianchi lindissimi che mi ero appena messo. E non c’era verso, quando avevo individuato una macchiolina quei pantaloncini diventavano importabili, dovevo togliermeli, buttarli nel cesto del sudicio, e mia madre si disperava, mi lavava montagne di calzoncini lindi, e io a metterli e togliermeli subito, metterli e toglierli, anche dieci in un giorno. Lei le sa queste cose Cinquini? Se è vicario del Vannini deve saperle, perché adesso sarà lei a curarmi, lo sa questo, vero?
Purtroppo io non posso curare nessuno. Non mi intendo di psichiatria. La mia vicarianza è solo umana. Credo di riempire umanamente un vuoto umano, essendo io questo stesso vuoto. Il Vannini dice che è andato in ferie ma non sa quando torna. Questa è una bella cosa per me. Non dico che spero che non torni. Non dico niente e aspetto. Come le dissi mi trovo molto bene qui. C’è un silenzio definitivo. È quello che mi occorre.
Io, guardi, spero che torni il Vannini perché lei mi sta proprio antipatico, svenevole è, languido, tutto vestito di tulle bianco, mi fa schifo, non ha nerbo, non ha sostanza, non sa prendere una decisione, è un cicisbeo stucchevole, una fanfaluca d’uomo, una merdina.
Dov’è la fila per il ticket? Non in questa stanza affollata spero. Ci vuole silenzio, neanche il suono dell’organo sopra il prete che cede l’ostia. Anche se in fondo il Vannini è come un prete, per quel sorriso sornione che spunta dal bianco… E i pazienti sono di certo misurati come chi ondeggia verso l’eucarestia. Ma io posso anche aspettare fuori, dove riceve fuori di Ferragosto il dottor Cinquini?
La brutalità ondivaga del sedicente onzivago mi ha molto ferito. Evidentemente questo posto non è più adatto a me (creatura troppo delicata). Il direttore è anche paggio. e vede imbellitudine dove c’è solo bellezza.
Vado via.
C.C.
Speravo proprio di ferirla, caro Cinquini, facendo il verso a quel poeta che lei tanto tiene in uggia, ma per carità, non veda brutalità là dove c’è solo furberia villana. Ecco, perché se il direttore è un paggio io sono solo un semplice villano. E lei, Cinquini, chiude il trio: è quello che io chiamerei un perfetto Lord Ciambellano.
Via via, non drammatizziamo, Cinquini, non è successo niente. Deve capire che il mio cervello direttorio è molto intasato e non è in grado di cogliere sottigliezze, non teorizza, non astrae, riesce a stento a mantenersi al di sopra del gorgoglio che viene su dai pozzi neri, tutto un ribollire di liquami scuri che la spaventerebbero se riuscisse a percepirli. L’ultima volta che ho fatto un discorso astratto sarà stato il 74 in occasione dei mondiali di calcio in Germania. Vedere la nazionale che giocava così male era come stare sui carboni ardenti, un’ordalia proprio, un dolore lancinante ai piedi che credevo di diventare santo, un santo coi piedi arrostiti, tutto fumo leggero che si spandeva in volute bellissime, da contemplare e mentre contemplavo mi astraevo misticamente, mi oltrepassavo di continuo. Poi non so cos’è successo e mi sono ritrovato qui.
Vede direttore, a me questo continuo buttare tutto in burletta non piace. Credevo che l’ambulatorio fosse una specie di convento, ma vedo che tutti vogliono fare gli spiritosi (e guardi, nessuno fa ridere nessuno). Ha fatto bene il dottor Vannini a lasciare tutti con un pugno di pazienti (ma poi dove sarebbero i pazienti?). Io non è che posso parlare per il Vannini (sebbene mi senta in odore di vicariato), ma immagino che il Dottore sia molto deluso da questa deriva irresponsabile. Se non sbaglio Egli disse “QUI O SI FA L’AMBULATORIO O SI MUORE”.
Ecco, si muore.
CC
http://youtu.be/B5wMhY_wBoc
Vede Cinquini, lei non ha pazienza e non si troverà mai bene nella vita. Sì, o si fa l’ambulatorio o si muore. Ma i tempi sono quelli che sono, è il tempo a disposizione è quello che è. Se aspetta, avrà il suo ambulatorio (che comunque è del Vannini, non suo).
http://www.youtube.com/watch?v=6tpLiSTPsHI&feature=watch_response
Ah, ah.
Ne rido.
Sudato come sono, non potrei fare altro, effettivamente.
Ma scelgo di riderne.
Come la malattia, che in fondo è un incrocio di scelte.
http://youtu.be/ACIYmgqkOMk
Effettivamente c’è un mondo dietro (intorno) a questi Landini. E questo Armando deve anche avere dei bei polmoni a respirare tutta quella nafta.
Un sono un collezionista io, e il Super Landini lì non è mio, è del mi’ socero. Che ci faccio qui lo sapete solo voialtri perdigiorno. Conosco bene solo Nedo perché si bisbocciava insieme alla sagra della damigiana, Mi ricordo però che aveva in mente una controsagra della tanica. O Nedo, gli dicevo io, ma che te ne fai della controsagra della tanica? Qui si deve pensare solo a bisbocciare. Vien via!
E pa’, este lugar é cheio de po. O que é isso, desapareceram todos?
Bene, quindi posso scuotermi di dosso la polvere del mio lungo peregrinare nelle strade di Lisbona.
Polvere eri e polvere diventerai.
Sono tutti scomparsi? E i pazienti? Sono in giro a piede libero?
Caro Antaldo, i pazienti son quasi tutti morti, il Vannini non è un gran medico.
Per essere paziente sono assai affascinante paziente. Mi hanno sempre detto te porta pazienza. Ma io non concosco nessuna con quel nome. E così di solito arrivavo da solo. Ora sono sposato. Mia moglie si chiama Costanza. E non lo dico per scherzo. E’ ironia della vita.
E’ molto tempo che volevo mettermi in contatto con Lei, cioè con te Dottor Vannini. Del tu, del lei, ma di chi? Ho cinquantacinque anni quasi cinquantasei, ma li porto bene. Tu più o meno hai la mia età facendo due conti.
Arrivo al punto: mi rivolgo a te perché mia moglie mi dice che io ho un Super Io grande così, da un po’ di tempo. Che dovrei farmi vedere da qualcuno, che di qui che di là. Sinceramente un po’ mi vergogno di mostrare il mio Super Io a sconosciuti, per quanto esperti siano. Non so di cosa ella stia parlando, lo presumo solamente. La guardo stralunato e le domando ma perché non te lo metti te un bel Super Io così e mi lasci un po’ in pace ?
Non vorrei entrare nella questione delle dimensioni, Dottor Vannini.
Ma del Super Io. L’hai visto? quanto costa? è aumentato anche quello? chi si crede di essere così Super. Forse un io normale non le bastava, lei lo vuole Super, ma il giusto senza esagerare. Capisce vero Dottore?
Se vuoi può anche disegnarlo, di solito le immagini le capisco meglio.
Ti saluto,
tuo paziente
Egidio
Buongiorno, sono l’inserviente capo del dottor Vannini, posso offrirle qualcosa? Come vede sono gentile.
Buonasera, Egidio, son sempre l’inserviente capo del dottor Vannini. Ora è tardi per un caffé, le posso però offrire un orzo solubile. Il dottore al momento non c’è, è in giro. Non voglio stare a spifferare dov’è e dove non è. Finché non torna sono io a farne le Veci. Vede, Egidio, la questione delle Veci è spinosa quanto quella del Super Io… Comunque, se ben capisco – non che ne capisca quanto il dottore, figuriamoci – se ben capisco, sua moglie le rimprovera un Io di grosse dimensioni, diciamo pure eccessive. Son questioni intime e delicate, tra moglie e marito non mettere il dito, però – se posso permettermi di indagare – questo Super Io è sempre stato così voluminoso o è cresciuto di recente?
Pensavo che, al massimo, un doppio Cynar alla Ernesto Calindri, lo brinderei volentieri, con lei, gentile inserviente. Sono tante le cose da digerire oggigiorno. Per esempio pratico, questo Vannini impenitente che si divincola dagli oneri di lavoro, mi fa raccapricciare la pelle. E un po’ anche il Super-io. C’era un prima in cui non era così voluminoso, è cresciuto di recente, sennò le avrei scritto anche prima, antelitteram , per dirla coi latini. Ora va rimpicciolito. Perché andarci in giro, ho paura che scoppi.
Egidio
Eh guardi, cerchi di evitare le esplosioni del Super Io, lo dico per il suo bene. Quanto al Cynar, glielo offro volentieri, però adesso… vede… son rientrato da un giro di sperlustrazione per vedere se trovavo quel mascalzone (Dio mi perdoni) del mio superiore Vannini. Non ce n’è traccia, né nei barini che frequenta, né in qualche semibordello che sa lui… insomma, è tutto vuoto come un selciato vuoto di notte in una piazza di città dove son tutti a dormire. Lei m’intende, vero?
Vannini ma dove sei?
Sei andato in vacanza?
Vannini senti bisogna che torni.
Dovresti spiegarmi il controtransfert, mi è venuta un’amnesia, mi sono scordato tutto quello che sapevo, Vannini NON POSSO PIU’ ESERCITARE!!!!!
Vannini so che fai finta di non esserci, ma tu cosa ne pensi del trasciatti ultima maniera?
Se sei al mare o ai monti spero che faccia bel tempo.
Il Trasciatti per mail mi dice che ti lamenti che non mi faccio più vivo, ti lancio pure qualche minimo accenno, ma il destino vuole che tu non mi risponda. Ieri leggevo un capitolo di un libro molto bello del caro Walser Vita di poeta, tu Vannini farai vita di psichiatra,o non so che altra vita, forse vita di campagna, ma ti raccomando la vita di poeta e due capitoli del romanzo che titolano così DISCORSO A UNA STUFA e DISCORSO A UN BOTTONE.
Con affetto Francesco Piediluco
mi dispiace proprio questa vile latenza del Vannini. Oggi son riuscito a scambiarci un breve messaggio: be’, diceva che era chiuso in un magazzino di scarpe. Poi ha taciuto.
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