Che ci fanno, qui?
Che ci fanno, qui, la stanza dei canarini nella casa del parroco e la conchiglia del porcaro, usata come una tromba marina?
La tonaca di Don Mario batte al vento con tenacia e brilla nell’afa simile ad un getto d’acqua sul selciato. Un attimo di cupa allegria, d’ombra, mentre riprendi fiato.
Su per il paese di sasso, dentro la chiesa, fiorita di gerani bianchi e di muffe violacee, la sua voce sostiene il peso, s’incrina e s’inchina, sfiorando i sassi mentre scorre continua la piena dei discorsi, degli sgarbi e delle scuse, tutta l’angusta prosopopea di razze e villaggi.
Il dono, solo il dono ha la capacità di togliere distanza al giudizio senza incrinare l’annuncio che si ripete ad ogni parola divina.
Ma come farsi re? Come diventare musico, seminando il silenzio d’orecchie? O tutti e due?
L’incertezza appartiene tanto al riso che al pianto e fuori dai sacramenti, è un lusso capire.
Chi volge la mente a dio, ne sposa il corpo, più mutevole infine che invisibile.
È necessario, quindi, esercitarsi nel tocco, comparire e scomparire. Farsi soprattutto ricordare.
Perciò, il parroco, al primo piano della canonica, in fondo al corridoio, ha sacrificato una stanza.
Se l’è tolta per ospitare lo stuolo dei canarini, la famiglia dei fringuelli, quei due o tre cardellini di passaggio, mai dimenticati.
Il pavimento scricchiola e, qua e là, fonde di guano.
Ad ogni traversata, ne scivola un po’ anche sulla tonaca, incollando piumette e fili d’erba secchi.
Un bosco dalle pareti stinte che s’apre e richiude con un semplice giro di chiave. Ad essere donata è sempre e solo una coppia, vivace nei gorgheggi, che per un tempo atteso fu anche libera.
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Dove, invece, s’inerpica la collina e appare il monte, un tempo pascolavano i maiali.
Vivevano bradi, ubbidienti alla tromba del porcaro che, soffiando dentro la conchiglia, ne cavava un canto estraneo da tritone.
Quasi un muggito di balena o una risacca o un pianto, ma solo con la luna, di ninfa e di sirena.
A lui, al porcaro, destava in fondo al cuore una dolce, fatale, letizia d’abissi mentre ai maiali lasciava intatto, nello sguardo, il sereno ardore della bestia.
(In alto: chiesa di Roscigno vecchia, nel parco del Cilento, foto Trasciatti)