I libri usati sono come dei pacchi sorpresa. In genere sono libri come gli altri, al massimo un po’ rovinati, forse di edizioni non recentissime, con il normalissimo pregio di riportare al loro interno il testo che volevamo e che magari cercavamo da tempo. In genere costano anche la metà, o anche meno, sempre che non siano copie rare o introvabili, fatti davanti al quale l’usura e l’eventuale cattivo stato non rappresentano un motivo valido per far scendere il prezzo.
A volte, però, e sono i libri più belli, contengono dei regali particolari, tracce lasciate dai precedenti proprietari, che aggiungono storie strane e immaginarie a quelle già contenute nel libro: possono essere una dedica, o degli appunti sparsi fra le pagine, o un segnalibro rimasto incastrato a metà volume. Oppure delle macchie, anche se in questo caso non è che c’è da essere molto contenti. Comunque, ogni volta che in un libro trovo queste tracce casuali e inaspettate mi viene sempre un sorriso che non finisce più. Oggi, per esempio, vagavo tranquillo per il mercato quasi deserto di via Fauchè a Milano quando ecco che da un banchetto di libri (presente solo perché fruttivendoli e pescivendoli sono in vacanza e quindi i loro posti sono liberi) mi imbatto nella ristampa del 1999 de Il diario di Gino Cornabò, di Achille Campanile. L’edizione è bruttina, devo dire la verità, ma visto che costa due euro non è che faccio tanti problemi. Soprattutto, poi, quando mi accorgo che è un libro con la sorpresa. Una cartolina, per la precisione, bruttina anche lei, spedita nel luglio 1999 da un certo Giovanni a Comper Pierina Vitti, via Pedrotti, 11 -38100 – Trento. Subito mi vengono in mente un sacco di domade, ancora prima di aver cominciato a leggere il libro: chi sarà mai questo Giovanni? E questa Pierina Vitti? E Comper che cos’è, il soprannome di Pierina? Cosa significherà? E quante stranezze, sulla cartolina, segnali di mondi abitati da qualcun altro: un francobollo da 800 lire, due timbri del rifugio Tuckett, uno che indica m. 2286, l’altro m. 2268, il testo, con i suoi “saluti dalla montagna”. C’è materiale per un bel racconto, magari anche per un romanzo, che non avrebbe niente a che fare con Il diario di Gino Cornabò ma che, in qualche modo, ci sarebbe legato, senza nemmeno saperlo. Intanto, questa cartolina vecchia e un po’ malandata rende il mio Gino Cornabò diverso da quello di tutti gli altri, soprattutto di quelli presenti nelle edizioni nuove di pacca, senza nemmeno un segno, a prezzo pieno e con quello strano odore di nuovo. E anche se non è niente di che, me ne rendo conto, io sorrido lo stesso e penso che i miei due euro sono stati spesi benissimo.
Gianvittorio Randaccio: La cartolina di Gino Cornabò
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