Quando salì sull’ascensore al 7 di rue de Grenelle si trovò in uno strano corpo a corpo con un prestante signore.
«Secondo piano» seppe solo dire Marzia.
«È la nuova inquilina?».
«No… no» rispose con un certo imbarazzo.
L’uomo premette il pulsante. Marzia si chiese se poteva immaginare da chi stesse andando.
L’ascensore si fermò e l’uomo le aprì, galante, il cancelletto scorrevole. Poi la porta.
«Arrivederla, signora». E le sorrise.
Marzia suonò alla porta di Antoine.
Il ragazzo le aprì. Richiuse prontamente e l’abbracciò con la passione e la forza di un giovane.
Rimase con lui per almeno due ore.
Alle 20 della stessa sera, quando uscì, Marzia prese il metrò alla fermata Rue du Bac. Cambiò a Saint Lazare. Prese la linea 3. Scese a Parmentier.
Camminò veloce alla volta del 25 di Avenue de la Republique dove suo figlio Pietro l’aspettava per cena. Si accorse di essere in ritardo.
Pietro – come lei del resto – non sopportava i ritardi.
«Santo cielo! Ogni volta con Antoine perdo il senso del tempo».
Al portone digitò i codici per entrare. Mentre stava aprendo sentì dei passi affrettarsi alle sue spalle. Si girò e si ritrovò in faccia lo sconosciuto dell’ascensore della casa di Antoine.
Di nuovo si ripeté la scena del pomeriggio. Il solito corpo a corpo in quegli strettissimi ascensori parigini. La solita richiesta del piano. Il solito aprire cancelletto e porta. Il solito arrivederci. Il solito sorriso dell’uomo.
Ma questa volta senza domande.
…
«Come mai così in ritardo? Non è da te» le disse Pietro aprendole.
«Hai ragione, ma sono stata al Maillol» si giustificò Marzia ricordandosi di quante volte, andando da Antoine, avesse visto lo striscione di “Vanités – de Caravage a Damien Hirst”.
«Bella la mostra?».
«Oh, sì, molto interessante» rispose con finta indifferenza. Certo che se il figlio le avesse fatto domande più precise avrebbe dovuto arrampicarsi sugli specchi.
«Comunque se domani sera sei libera viene Gérard qui da me. Lui ha collaborato attivamente all’allestimento. Mi piacerebbe ne parlaste insieme».
«Oh, certo! A che ora?».
«Alle 8. Guarda che mi piace una mamma puntuale… Mi ha sempre dato sicurezza la tua puntualità. Sapere che su te potevo contare anche per una piccola cosa del genere… oltre che per tutto il resto».
«Vedrai che sarò puntualissima. Sarò la tua mamma di sempre».
Dopocena guardarono le foto degli ultimi lavori di Pietro. Poi Marzia lo lasciò.
«Sei sicura di non volere un taxi?».
«Ma figurati. Arrivo benissimo al mio albergo in metrò. Anzi, grazie ancora. Hai scelto bene: è proprio grazioso».
Si salutarono sulla porta dell’ascensore che il figlio le aprì.
Scesa in Avenue de la Republique anziché andare alla fermata, si sedette su una panchina. Prese le sigarette dalla borsetta e se ne accese una. Era bello stare su quelle panchine doppie di Parigi… doppie come i sedili di legno dei treni di quando lei era bambina.
Fumava tranquilla. L’aria era fredda, ma di un freddo piacevole. D’altronde mai Pietro le avrebbe permesso di fumare in casa, né tanto meno di fumare. Le avrebbe fatto le solite prediche.
Si sentiva un po’ monella. Le sigarette… Antoine… Insomma per tutto. E questo la divertiva. Pensava al giovane Dansier. Lui avrebbe voluto passare la notte con lei. Lei avrebbe potuto… Non ci voleva molto da lì a tornare in rue de Grenelle. Ma non ne aveva così voglia. L’appuntamento del giorno successivo le sembrava più che sufficiente. E poi… la liberté! Impagabile.
Dalla panchina guardava le case: grandi palazzi che si susseguivano. Finestre spente e finestre accese. Era bello lasciarsi scorrere il tempo addosso. Lasciare lo sguardo perdersi tra le luci e i bui. Non avere impegni stressanti per una settimana. La sua settimana parigina in visita al figlio. Poi in Italia tutto sarebbe ripreso come prima. E gl’impegni non le sarebbero certo mancati.
Tornò col pensiero ad Antoine Dansier, l’amico di Pietro e di Gérard Duplessy. Per fortuna non era stato invitato anche lui la sera successiva. Che imbarazzo, altrimenti.
Lui le parlava d’amore. Lui avrebbe voluto condividere con lei il suo lavoro, il suo tempo, la sua passione.
Marzia su questo era svizzera: c’era un tempo per ogni cosa. Anche per la passione. La passione, il giorno successivo, avrebbe occupato due ore. E precisamente dalle 14 alle 16. Poi non poteva perdersi la mostra al Maillol. Che figura se la sera Gérard si fosse accorto che lei non ne sapeva niente delle Vanités…
A dire il vero la sua storia con Antoine non le piaceva completamente, ma era stata la classica prova da donna di mezza età.
Mettersi alla prova… Quante volte lo aveva sentito dire alle sue amiche! Ora lei le aveva battute tutte. Non un separato. Non un divorziato. Neppure uno con moglie che tiene il piede in due scarpe… Antoine era libero. Giovane e libero. Giovane e pronto a far progetti con lei. Ma lei?
Neppure le passava per la mente di immaginarsi un mezzo futuro con lui. Non era così stupida da non rendersi conto della differenza d’età. Troppa fatica, poi! E gli uomini, lei lo sapeva bene, alla lunga l’annoiavano. Ecco perché se ne stava lì sulla panchina a fumare invece di correre da lui. Poi… poi da svizzera quale si sentiva non per nascita, ma per certe coordinate mentali che ruolo poteva dare ad Antoine? Sì, uno ce n’era e Marzia lo sapeva bene: il ruolo dell’amante. Ma la parola amante le faceva venire la pelle d’oca. Mai e poi mai avrebbe voluto averne uno né, tanto meno, essere l’amante di qualcuno.
Anche per questo se ne stava lì nel freddo parigino. Lì, su quella panchina, in attesa di trovare la forza per raggiungere il metrò.
Di certo le piaceva di più essere la “mamma di sempre” di Pietro, come gli aveva detto lasciandolo. E nella sua vita di “mamma di sempre” non c’era posto per nessun Antoine.
C’era stato un momento però – e non lo pensava per giustificarsi – in cui aveva sentito ancora il bisogno di amare. Pensava fosse lecito. Ma il suo bisogno di amare non poteva essere la storia con quel ragazzo.
Il giorno seguente partì dal suo albergo all’una. Con un’ora di anticipo su quella dell’appuntamento. La svizzera di sempre. Un’ora per fare il tragitto con calma. Sarebbe bastato molto meno, lo sapeva. Ma voleva percorrere tranquillamente a piedi la strada da Place Goudeau fino alla fermata Abbesses. Aspettare l’ascensore che le facesse scendere la Butte Montmartre. Poi il metrò. Avere tempo di fare il tragitto della linea 12 fino alla fermata Rue du Bac, prendere con calma Rue de Grenelle e, passeggiando, raggiungere il numero 7.
Ugualmente arrivò in anticipo. Si fermò allora a prendere un café noisette e gironzolò guardando le vetrine.
Alle 14 meno due minuti entrò nel portone.
Alla porta dell’ascensore trovò il solito signore. «Che combinazione» pensò. «Neanche ci fossimo dati appuntamento». Era la terza volta in due giorni.
«Mi sembra di ricordare che lei vada al secondo piano» le disse lo sconosciuto appiccicato a Marzia in un modo a dir poco imbarazzante. Non per colpa sua. Solo per le dimensioni minime di quegli ascensori parigini.
«Sì» gli rispose Marzia mentre si scusava per essergli finita sui piedi.
«Si figuri. Lo spazio è quello che è». Poi, salutandola dopo averle aperto cancelletto e porta: «Questa sera la rivedrò in Avenue de la Republique? Io abito lì».
Marzia non seppe cosa rispondergli. Abbozzò un mezzo saluto e uscì.
La porta di Antoine era già socchiusa.
…
Non c’era rimasto per nulla bene Antoine. Né se lo sarebbe aspettato. Com’era possibile? Da quando l’aveva conosciuta lui era sempre stato presente. Quanti voli low cost aveva preso per raggiungerla i fine settimana da quella volta in cui Pietro lo aveva portato a casa sua in Italia! Perché tutto era nato lì, quando la prima sera, dopocena, lui era uscito con i vecchi amici e Antoine aveva preferito restare a casa. Marzia allora gli aveva offerto da bere. Poi avevano parlato ininterrottamente fino a tardi. Alle due, quando Pietro era rientrato, stupito li aveva trovati ancora insieme sul divano.
Rientrato a Parigi Antoine aveva iniziato a cercarla e a raggiungerla quasi ogni fine settimana. Poi era rimasto in attesa di lei. Di quella settimana che Marzia avrebbe trascorso in visita al figlio. Una settimana che sarebbe stata anche per lui. E ora, solo al secondo giorno, lei gli diceva che non se la sentiva più…
Le due ore che Marzia aveva stabilito per la passione erano state spese così in mille domande, in mille ricerche di presunti errori, nei mille interrogativi di questi casi…
Ma da vera svizzera, quando si accorse che l’orologio segnava le 15.55, la donna si alzò e uscì.
Non era del tutto insensibile alla sofferenza altrui. Anzi le spiaceva molto per Antoine, ma che farci? Lui aveva una vita davanti. Lei molto meno di una vita. Un terzo di vita? No, non ci voleva neanche pensare. Comunque non più abbastanza vita da gettare nei tormenti amorosi, nelle pesantezze della passione. E in questo stava cadendo con quel ragazzo. Le sue gelosie, poi!
Da giovane aveva provato anche lei cosa volesse dire avere accanto un uomo geloso. E il peso. Ma ora? Quel ragazzo geloso di una coi suoi anni? Inammissibile!
Camminò veloce in rue de Grenelle verso il 61. Il Maillol l’aspettava con le sue Vanités. Veloce e leggera. Talmente leggera che le sembrava di volare. Ah, la liberté!
Alla mostra fece il percorso a ritroso. Iniziò con il teschio di brillanti di Damien Hirst. Poi, di sala in sala, arrivò al San Francesco di Caravaggio. La incuriosì il soggetto. Si spostò indietro per vederlo da una prospettiva migliore. E andò a sbattere contro qualcuno.
Di nuovo lui… lo sconosciuto degli ascensori!
Allora insieme, quasi avessero preparato la parte, esclamarono: «Comme c’est curieux! Comme c’est bizarre! et quelle coïncidence!». E risero alla citazione comune di Ionesco.
Quando Marzia quella sera prese il metrò alla fermata Rue du Bac, cambiò a Saint Lazare, prese la linea 3, scese a Parmentier, camminò veloce alla volta del 25 di Avenue de la Republique – per non fare aspettare il figlio – non era sola. Al suo fianco che le parlava c’era lo sconosciuto degli ascensori.
(Nella foto: la Casa Danzante, Praga, foto Trash)