Sembra, anzi, è certo… diciamo che sembra certo che il famoso dott. Nedo Vannini Psichiatra e Meccanico Trattorista riaprirà il suo ambulatorio on line su questo sito. In realtà l’ambulatorio non è mai stato chiuso formalmente, ma in pratica sì, cioè il Vannini ci si era chiuso dentro e aveva smesso di ricevere pazienti. Ora, finalmente, pare intenzionato a riprendere le consulenze, a patto che i pazienti siano maschi e con patologie conclamate. Esperto anche in podologia, cura emorroidi e ragadi. Per rinfrescarvi la memoria sul dott. Vannini potete leggere qui.
L’immagine è tratta dal De monstruorum natura, caussis, natura, et differentiis libri duo (1616) di Fortunio Liceti.
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Poco fa ho avuto questa coversazione in chat con Nanni Dinegro a proposito del dott. Vannini:
Nanni Dinegro: dov’è stato finora?
Direktor: Non si capisce bene, forse in Marocco
Nanni Dinegro: umm, teniamolo d’occhio, i rientri coloniali sono soggetti a quarantena
Direktor: io più che la quarantena gli darei la galera, ma tant’è, ormai ho annunciato sul sito il suo ritorno
Nanni Dinegro: potresti riesumare delle vecchie restrizioni della libertà personale per inosservanza delle norme di igiene fisica e morale. comunque seguiremo volentieri le esternazioni, così, per profilassi. per capire l’evoluzione del contagio.
Direktor: speriamo che esterni e che non espettori
Nanni Dinegro: orcoboia, speriamo sì
direttore, mi piace molto quell’immaginetta lì, con le pecore e i caproni. anche il serpente non mi dispiace. sì, l’ambulatorio si potrebbe riaprire, ma servono malati veri. la faccenda dei trattori è a parte.
nedo vannini psichiatra loweniano di stretta osservanza
Quell’immaginetta lì è opera del grandissimo Fortunio Liceti, suo predecessore nella scienza medica. E’ tratta da un libro che parlava dei mostri naturali. I malati veri arriveranno, non dubiti. Mi chiarisca per favore il termine “loweniano”. saluti
lei certamente si confonde con giorgino ligeti maestro di banda e mio indimenticabile paziente. predecessori comunque non ne ho e non ne voglio. per quanto riguarda i malati veri la verità della malattia la stabilisco io. lei ad esempio mi sembra uno che si succhia mezza lattina di chinotto prima della cena alla mensa dei poveri, il che non depone a favore della sua salute. dico mi sembra per umiltà, perché ne ho – mi consenta – una certezza iperloweniana. detto questo mi apra per piacere l’ambulatorio. e – per inciso – usi con me un linguaggio meno arzigogolato e si misuri la pressione.
n.v.
L’ambulatorio è aperto, santocielo! Il chinotto prima di cena è consigliabile a una certa età, facilita la zuccherazione del sangue e coadiuva la pre-digestione. Io, anche se fossi malato marcio, non mi farei mai curare da lei.
1) lei È malato marcio.
2) l’ambulatorio sembra aperto ma è solo socchiuso. bisogna dare aria e luce. bisogna disinfestare perché ci sono passate certe persone… non faccio nomi (sa bene di chi parlo).
No, non so di chi parla. E io non sono malato marcio, sono solo convalescente. Riconosco che ieri sera non avevo una bella cera, ma lei si è mai visto? si è mai guardato? Con quei pidocchi lunghi che ha in capo…
poi non scherziamo: la zuccherazione del sangue è una cosa repellente già nel nome. e vede direttore, lì si annida la malattia. lì nella melassa di zuccheri, nell’impasto vischioso di sangue e caramello. lì si forma una gelatina che solidifica a bassa pressione e nello stesso tempo che innalza la pressione diastololica per intasamento. in questa ovvia dicotomia – praticamente insanabile – si annida la schizofrenia, mi pare evidente. venga da me senza preconcetti. so io come effettuare una buona manutenzione.
n.v.
Forse un qualche lacerto di ragione ce l’ha, caro dottore. Questo intasamento – già ne parlammo un dì – mi permea costantemente, come una costipazione psichica che è anche organica, esofagea e intestina… un peso alla bocca dello stomaco e una sensazione di pienura cranica, anzi cerebrale, come un ingolfamento neuronale. Poi, raramente, uno sbocco, uno slargo mentale, un deglutire senza problemi, un cielo finalmente limpido…
Le consiglierei anche di leggere questo testo su Semmelweiss: http://trasciatti.it/vecchiosito/?q=node/107
Non capisco, sinceramente, che cosa aspettasse il Direktor a rinnovare il contratto a Vannini, che personalmente reputo luminare e luminaria, come quelle processioni tribali e sublimatamente violente che si fanno in certi luoghi sul mare agitato, portando tra le barche inghingherate dei simulacri di gesso ben vestiti e mille labari per cercar di attestare il proprio nevrotico desiderio di esser diversi anche su alghe e meduse, notoriamente poco interessate e alla sociologia della comunità e alla bioenergetica del dominio.
Lodo la presenza dello psicopompo. Al Direktor, per sadismo malinconico, un ringraziamento.
Questo Bortolo facondo e proliferante mi sa che sia qualcun altro. Esci fuori! Esci di lì! Lo so che non sei Bortolo, tu devi essere l’abate Gufino! Manifestati.
direttore!
bortolo del boccale è bortolo del boccale e basta! lei soffoca sul nascere una creatura volitiva e gonfia di malattia. direi che non ci siamo direttore… oltretutto lei non capisce l’esegesi boccalica del mio pensiero scientifico, che, mi creda, è stupefacente. io sono in effetti una processione sublimatamente violenta. è questo il punto: l’ambulatorio mi va stretto. lei dovrebbe sgombrare qualche stanza adiacente… ho bisogno di grandi spazi perché avrei deciso di fare delle conferenze. in fondo i malati mi portano via troppo tempo (anche se non ci sono, anzi se non ci sono è peggio, perché l’attesa del paziente è di per sè restringente).
a propsito: qui dentro ci voglio solo bortolo. su questo sono assolutamente restrittivo.
Va bene, sia dato accesso al Bortolo. La stanza è abbastanza grande per capirvi (noti la finezza) tutti e due. Quanto alle conferenze, vedremo. Intanto cominci ad analizzare Bortolo, anche in contumacia, poi vedrò se è il caso di sgombrare qualche stanza.
facciamo le cose per bene: diamo una chiave a bortolo. vada e venga come gli pare (specie la notte). lei direttore faccia le pulizie e metta su una bacheca per la pubblicazione di una parte delle mie conferenze. per quello che riguarda i pazienti ancora non ho deciso. comunque ci vorrebbe un selezionatore esterno (cioè che non frequenti l’ambulatorio). insomma uno che me li faccia cadere dall’alto, i pazienti, o che li estragga dai sottosuoli (ma non da quelli dell’ambulatorio). tutto chiaro?
dottor nedo vannini psichiatra loweniano con ascendenze laterali landiniane
Chiarissimo come il buio. Cos’è questa storia del selezionatore esterno? Cosa vuol fare, la nazionale psichiatrica? Quanto alla bacheca per le conferenze gliela faccio volentieri, a patto che non mi faccia un bidone, cioè che me la faccia aprire e poi non ci scrive niente.
(le copio qui il testo della mia prima conferenza. lo metta immediatamente in bacheca. mi lasci sempre e comunque la possibilità di correggere e rivedere le mie conferenze, sennò me ne vado.)
Si può dire così: i trattori sono creature averne. Questo per il lavoro che fanno, cioè per il loro attraversare la terra. Vengono su dal basso, da sotto l’Equatore, e questa sarebbe di per sé una sperequazione sui generis. Mi direte in che senso… Ecco, esiste una piccola parte di trattori che invece scendono dai Cieli e raggiungono l’Equatore. Lì si mettono a girare e a scavare con l’intenzione nemmeno troppo segreta di dividere il tutto in due emisferi. C’è un istinto apparentemente contrario alla sperequazione, appunto. Ma qui (o lì), in questa (o quella) terribile e colpevole apparenza, casca per così dire l’Asino Esopico. Precipita in un solco sempre più ampio, rotola in un abisso equatoriale che dimostra soltanto una cosa: la profonda disarmonia fra trattori terrestri e trattori celesti. E in questa distonia (che è anche una discronia in senso lato) si viene a mettere in dubbio la proposizione iniziale: “i trattori sono creature averne”.
Ecco, mi verrebbe da chiudere sul nascere questa conferenza con una considerazione troppo facile: la trattoristica è la scienza degli asini. Ma troppo in alto io pongo il pensiero dell’Asino Esopico, troppo vasto è il suo (dell’asino) firmamento cerebrale, troppo esiguo è il mondo sotto i suo zoccoli immateriali. A questo punto potrebbe aprirsi uno scenario guerresco: non c’è chi non veda la possibilità – oh quanto reale – di una trattociucomachia. E qui si entra giocoforza nella Letteratura, con la elle proprio maiuscola. E qui lo scienziato si trova sprovvisto di mezzi, e diremmo smezzato, di fronte a un mondo troppo vasto. Dovrei chiamare Leopardi a visionare il campo, a mettere paletti per così dire logistico-filologici, a separare i quadrupedi dai quadruruoti, i raglianti dagli sferaglianti. Insomma – come vedete – la semplicità è scoraggiante. Ma – come vedrete – il dottor Vannini non si scoraggia di fronte alle cose semplici.
Se ci sono domande io son qui per rispondere su tutto e a tutti, soprattutto ai fantasmi dell’Ambulatorio, che senz’altro si sono accatastati in questi anni di sciagurata assenza (la mia). Se non ci sono domande risponderò all’assenza di domande. Mi pare doveroso.
ho appena accompagnato a casa il Commendator Cencelli. mi ha confidato avere la gastrite nervosa e, appreso che il Vannini ha ripreso le visite, chiedeva quando è aperto l’ambulatorio. ché del resto questa gastrite, diceva, lo imbarazza non poco nell’esercizio della liberale professione. tra borborigmi e alitosi, coi clienti che declinano gli abboccamenti, il ragioniere gli ha già stimato un lucro cessante e una perdita verticale dell’avviamento per alcune decine di millantati crediti e pagherò bancari. il poveretto, da quando si è impaniato in quella bega del geomètra Sassicaia, quello che ha cambiato la spina di pesce dei parcheggi comunali col cardo e il decumano e ne è nata una buriana, con la Regione che gli ha fatto causa per costipazione dell’urbano traffico, non dorme ed è giallo come un popòn di Spagna. senta, io avrei già chiesto direttamente al Dottore, ma dopo averlo sentito tirare in ballo la trattoristica celeste, avezzo come sono più al rumine del mio tàssi che al cacumine, mi son sentito in soggezione. mi dica che fare.
Io sono un medico incompreso perché comprendo la malattia. E la malattia dev’essere incomprensibile per la scienza. La Medicina Ufficiale considera la malattia un fine attraverso il quale esercitare un mezzo (o una serie di mezzi). Dunque non si esercita la professione medica ma si fanno esercizi per sviluppare l’inutilità dei mezzi. Cioè l’inutilità della medicina.
Se mi chiedessero se odio di più i cosiddetti medici o i sedicenti pazienti non saprei rispondere. Lo stesso vale per i sedicenti medici e i cosiddetti pazienti. La malattia, quella sì non la odio. La malattia è superiore a qualunque terapia perché non può abbassarsi alle debolezze umane.
Mi si interpella (via etere) su un caso di gastrite impropriamente definita nervosa. Non esistono gastriti nervose, e nemmeno gastriti recidivanti. Esistono soltanto Gastriti Perenni, che costeggiano l’eternità con quel loro recidivare un po’ obliquo, con quella loro olezzante flatulenza che potrebbe improvvisamente declinare in un odore di ascelle, o più giù, in un lezzo di pelvi, o perfino precipitare nell’odore calloso dei piedi. I gasteropodi sono un modello mai abbastanza consultato.
Non parlatemi delle beghe tra geometri. Un mio paziente ha scritto un trattatello allucinante sul Geometra Nicodemo. Ma non voglio fare pubblicità in questa sede.
Che sia. Gastriti e trattori, equinozi e parcheggi.
Troppo lucente la malattia perché la si releghi ad accidente scientifico da studiar di monocoli e chimiche, troppo gratuita anche per definirla inutile.
Lungi da me la reificazione. Anzi salvo sempre il dinamismo, il boccale, la pienezza e l’attesa schiumante dell’umore. Lungi da me anche la concettualizzazione, i prolegomeni, gli apax e le note in piccolo perché circo di guitti è ogni cuoio capelluto e i trattori ragliano che il direttore dorma o vegli.
Lungi la nomenclatura, bortolo naufrago al boccale o notte d’abate tra i gufi.
L’alchemia della temperanza nello studio del Maestro Vannini è trasmutazione di elementi, e non al contrario micromicosi di fiati vuoti. Direttore, lei chi è? Ma non sente come è nefasto anche l’incedere del suono di questa domanda. Direttore, sia. E mi spedisca la chiave.
Dunque, partiamo dal fondo. Bortolo, di che chiave sta parlando? Per il resto, non mi provo neanche a interloquire con dottore e pazienti, tutto quel nodo di parole che vedo sopra la mia testa mi raccapriccia come un nido di scolopendre. Brrrrrrrrrr
Vannini, per quanto riguarda le conferenze, sto avviando delle pratiche sperimentali atte a fornirle ciò di cui abbisogna, per intanto continui a scrivere mi raccomando.
Io non amo i trattori. Li colleziono perché mi fanno male alla salute, ma, in un certo senso, mi assecondano. Mi assecondano in cosa? No, se ci penso bene non mi assecondano, mettono in forse tutte le mie certezze. Anzi, non è nemmeno così. Direi che certificano la mia mancanza di amore per le macchine agricole, dunque per la campagna, che tra parentesi non ho mai visto (e nemmeno so dove sia).
In realtà io frequento i parcheggi che si stendono a perdita d’occhio intorno al mio ambulatorio. E qui, se così si può dire, “visito” tutti i quadruruoti. Li palpo, valuto con il pollice la consistenza delle lamiere (che mi indica uno spessore variabile tra 0,4 e 0,8 decimi si millimetro).
Il trattore non è di questo mondo. Credo che lo spessore delle sue lamiere sia per così dire incommensurabile. Si entra nel regno degli oggetti transustanziati… Sia chiaro: non penso che i Landini siano divinità telluriche, ma certo nessuno mi può (e si può) esimere dal guardarli con quel terrore panico che ben conosce Terenzio, il meccanico dilettante che la notte rinchiudo tra i Landini.
Io non lo so perché vi racconto questo. In realtà volevo parlarvi diffusamente della Gastrite Perenne che a quanto pare devasta i geometri. E volevo parlarvene per chiarire il concetto di Malattia Immanente, che mi pare alla base della mia ricerca. Ma… ma vedo che il direttore (persona minuscola e sfuggente) non si è ancora degnato di apparecchiarmi una bacheca.
Senta, Landini, le ho detto che mi sto adoperando per allestirle una bacheca, non cominci a fare rimostranze come suo solito, abbia un po’ di pazienza e vedrà che resterà soddisfatto. Cosa crede, che mi gratti la pancia, io? Sono qui in procinto di immergermi in un posto postale dove c’è un’aria da tagliare a fette, mefitica, velenosa, incompatibile con i miei polmoni, piena di germi e di squame, mucillagini, gasteropodi, e lei mi sta a rimostrare…
Bene, usciere di poca memoria.
Mi erano state promesse le chiavi dello studio, forse solo per la cittadinanza onoraria.
Certo è che la Malattia Immanente è da esperirsi all’aperto, tra i trattori, e quindi all’atto pratico può tenersi ogni chiavistello e serramento, troverò il modo di entrare quando entro e di uscire quando me ne vado.
Ma il promemoria pareva adatto, proprio in tempo di traslochi e riassetti.
Caro Bortolo, entri pure quando vuole nello studio, non importano le chiavi, al limite, se trova chiuso, tiri un calcio alla serratura, sfondi tranquillamente.
Non è possibile! Ancora trattori e soprattutto Landini…
Non ha ancora smesso? Le fanno male e che continua allora? Per quale strano fenomeno?
Si doveva chiudere il secolo in bellezza e ci si ritrova qui, ancora a parlare delle medesime cose.
Non ci siamo!
Ma proprio nel vero senso della parola! Sta tutto nel verbo, non quello che si è fatto carne e che ora è in putrefazione…non quello naturalmente…
Allora ben vengano le scolopendre e quelli che pensano a tutti quegli espedienti per velocizzare il processo di decomposizione di un corpo dopo la morte!
Il mondo trabocca di malati! Impazienti, non più pazienti, niente trattamenti, niente cure…meglio la letteratura!
Le ci vuole un osservatore esterno, un procacciatore di malati terminali, cronici e assassini dell’ultima ora, assassini di concetto, senza preconcetti, se non quello di disfarsi delle vecchie manie!
In fede, assente
Sacarolhas
Vedo che il dottor Sacarolhas non ha compreso il concetto di “immanenza della malattia”. Dovrebbe riflettere anche sulla questione dell’eterno ritorno. I Landini non ritornano. Non si sono mai mossi da qui.
n.v.
Senta un po’ Vannini, cosa mi sa dire della rinite psicomotoria?
Lei Trasciatti mi parla di rinite psicomotoria… Non voglio infierire… La rinite – come probabilmente non sa – è una malattia del cervello, e per la precisione di uno (uno solo) dei lobi frontali. Qui la natura fa una concessione alla malattia, o viceversa: la malattia fa una concessione alla natura. Infatti se la rinite psicogena (e dunque NON psicomotoria!) ammorbasse entrambi i lobi frontali il paziente sarebbe condannato a una forma olfattivo-mucillaginea di Dementia Precox. Per quello che ne so questo caso non esiste nella letteratura medica universale. A meno che lei, Trasciatti, non ci tenga a incarnare questa improbabile eccezione.
Le faccio comunque notare che un aspetto psicomotorio ovviamente la rinite psicogena ce l’ha: che lo starnuto coatto provochi contrazioni inconsulte ad esempio nei muscoli pelvici e nell’ampolla rettale (con conseguenze facilmente immaginabili) è cosa nota.
Lei Trasciatti mi parla di rinite psicomotoria… Non voglio infierire… La rinite – come probabilmente non sa – è una malattia del cervello, e per la precisione di uno (uno solo) dei lobi frontali. Qui la natura fa una concessione alla malattia, o viceversa: la malattia fa una concessione alla natura. Infatti se la rinite psicogena (e dunque NON psicomotoria!) ammorbasse entrambi i lobi frontali il paziente sarebbe condannato a una forma olfattivo-mucillaginea di Dementia Precox. Per quello che ne so questo caso non esiste nella letteratura medica universale. A meno che lei, Trasciatti, non ci tenga a incarnare questa improbabile eccezione.
Le faccio comunque notare che un aspetto psicomotorio ovviamente la rinite psicogena ce l’ha: che lo starnuto coatto provochi contrazioni inconsulte ad esempio nei muscoli pelvici e nell’ampolla rettale (con conseguenze facilmente immaginabili) è cosa nota.
Grazie della concessione.
Se starnuta, in queste sue psicoriniti, le auguro anche tanta salute.
Che come la malattia va e viene, nell’immaneza dell’essere – trascendentalità concretizzata a simbolo mistico nell’essere trattore.
Nelle strade che talvolta frequento, un forse lontanissimo consanguineo del nostro dottore ha da tempo aperto dei servizi di macelleria. Forse è interessante.
Anche la ciccia è.
Caro Bortolo,
mi pare che lei abbia le idee chiare. Molto chiare. Troppo chiare.
Io in generale sono favorevole a una modesta confusione mentale. Tuttavia certe sue sintesi non mi dispiacciono. In effetti una rinite psicogena è una psicorinite, e in effetti “la ciccia è”.
Non sono d’accordo sull’andare e venire della malattia. Mi pare chiaro che l’immanenza della malattia ne prefiguri la permanenza, dunque la stabilità nello spazio e nel tempo. Certo malattie subdole come le psicoriniti sembrano spostarsi nello spaziotempo medicale (attraverso l’escamotage della pseudoremissione), ma, mi creda, sono trucchetti che non ingannano noi psichiatri.
Sul trattore come simbolo mistico non mi trova d’accordo. E glielo dice uno che ha una certa dimestichezza con le macchine agricole.
Davvero interessanti i “servizi di macelleria”.
n.v.
Vannini, non ha ancora detto una parola sul postino Cavallo, secondo me non se n’è nemmeno accorto
Interessante la letteratura medica su immanenza e trascendenza. Lei suggerisce che l’immanente non solo sia pervasivo ed in qualche modo semplicemente sia, ma che si manifesti nella modulazione d’essere della stabilità. Perderemo il concetto di sintomo ma ci guadagneremmo in sicurezza, e del resto cos’è una psicorinite se non paura fottuta di respirare?
Sul trattore faccio un passo indietro, che non sia simbolo mistico fui indotto a crederlo dall’ermetismo, ma è ovvio che il trattore non sia ermetico e che, di tanto in tanto, perda nafta.
Ossequi
Sì Bortolo, io sono certo che l’Immanente, essendo per definizione “ciò che resta dentro” tende per sempre a essere se stesso, cioè a “restare” appunto “dentro”. La Malattia Immanente resta dentro il malato e ovviamente non è contagiosa. Esistono epidemie di psicorinite? NO. Trascendenti sono le epidemie influenzali (le aviarie, le suine, le equine…). Ma di queste non mi occupo, anche perché sono uno psichiatra transeunte e non transumante.
Per quello che riguarda il trattore mi pare un po’ superficiale dire che non è ermetico perché ogni tanto perde nafta. L’ermetismo riguarda le camere e le precamere di combustione, le fasce elastiche, i paraoli dell’albero motore, ecc. ecc. Il serbatoio fa parte dei corollari, e i corollari lei me lo insegna…
Cosa gli insegnano i corollari? Eh?! Lo dica chiaramente, non faccia il furbo. E le coronarie? Che poi, secondo me, è roba che ha a che fare con le dinastie e le lady daiane.
Ma perchè sappi, che di te mi giova, Un corollario voglio, che t’ammanti.
Darotti un corollario ancor per grazia.
Spero non sfugga a Bortolo del Boccale la differenza macroscopica tra transeunte e transuente. Spero si interroghi con urticante preoccupazione (Bortolo) sulla transuenza della transeuntitudine di uno psichiatra, e della psichiatria tutta. Se uno psichiatra è effimero è certamente perché scivola sulle untuosità cerebrali dei pazienti (che sono la maggioranza). Se poi batte la testa in uno spigolo dell’ambulatorio è sfortuna purissima (perché essendo la sua una testa minoritaria non vi è ragione statistica che possa spiegare l’impatto). Insomma, probabilmente tutti gli psichiatri sono transeunti, Ma la Psichiatria no. La Psichiatria è transuente. La transuenza della Psichiatria sta nella sua implicita suadenza. Una suadenza che transfigura più che trasfigurare, che sposta il cosiddetto Ordine degli Effimeri in un contesto superiore a quello medico. Diciamo che si perfora il tetto basso della letteratura medica (che spesso è perniciosa letteratura). E caro Bortolo, come lei sa, rompere un tetto non è come rompere un uovo…
Vannini, avessi tempo, le risponderei per le rime. Ora son costretto a una fuga lapidaria.
Non credo che il Vannini si meriti qualcosa, né che mai se lo meriterà. Anche queste righe che sto scrivendo sono un segno di attenzione che non si merita. Ma che fare allora? Sopprimerlo? Sterminarlo con il gas? Il fatto è che ogni volta che riapro l’ambulatorio me ne pento subito perché devo sopportare le aberrazioni encefalo-linguistiche di questo bellimbusto. Che poi almeno mi ringraziasse. Un tempo c’era la Gisy che veniva qui a fare due chiacchiere, anche la sua amica Percalli veniva. Ora chissà dove sono. C’è solo Bortolo che dice qualcosa. Ma è troppo accondiscendente con il Vannini. Troppo encefalico anche lui. In fondo si trovano, tendono a incontrarsi. Non so se è un bene o un male.
Stamani il vecchio sito è tornato a fare casino. Ecco quello che (non) si legge:
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caro direttore,
lei sembra non capire una cosa semplicissima: l’ambulatorio VA ESPANSO, deve raggiungere e “quasi superare” i limiti del regno. a lei manca il concetto di “serietà dimensionale della vita”(concetto se non ricordo male agostiniano/pascaliano/amatiano). si trastulla con delle sciocchezze, mi parla di due pazienti insulse che mai, dico MAI, potrebbero tornare ad infiltrarsi nei gangli vivi dell’Ambulatorio.
insomma qui O SI FA L’AMBULATORIO O SI MUORE!
Con tutto il rispetto, la prospettiva che lei muoia non mi sembra malvagia. Comunque, anche in accordo con quanto dettoci telefonicamente, vedrò di espandere l’ambulatorio. Quanto alla serietà dimensionale della vita, è un concetto spaziale/quantitativo che non mi dispiace. Ma come lei saprà, anche la quantità a forza di espandersi diventa qualità. E io, nella mia espansione carnale-trimalcionica, vado verso la qualità.
Vede direttore, uno psichiatra neorisorgimentale prima cosa non parla al telefono. Lei ha inteso senz’altro certi ticchettii, certi pigolii, e, nella sua mente malata, ha costruito una conversazione che non c’è stata. Ripeto: CHE NON C’È STATA!
Ammetto che da piccolo ho costruito un bellissimo telegrafo e ci ho giocato fino all’altro ieri (venerdì 5 agosto). Dunque può darsi che le abbia spedito dei dispacci, che però lei, odiosamente, ha frainteso.
Mi spiace deluderla ma lei non va affatto verso la cosiddetta Qualità Quantitativa. Lei va semplicemente verso un’ipertrofia delle parti molli. Non mi spigo a diagnosticarle un’atrofia conclamata dell’encefalo solo perché non ho reperti istologici e non posso aprirle la testa per corrispondenza.
Lei Vannini è un gran filibustiere. E comunque è tutto il giorno che cerco di entrare nel vecchio sito e sbatto il naso contro questi quadrati rettangolari:
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Direttore, lasci pure perdere quei simboli arcani, indecifrabili che appartengono ad un tempo che non c’è mai stato e non travisi il dibattito sulla transumanza dei trattori nelle malattie transienti…
Transienti, mi piace…potrebbe esser una nuova chiave di lettura delle malattie mentali. Le riporto la definizione, trovata su wikipedia… Mi si perdoni tale accesso ma con i mezzi che ultimamente ho a disposizione non posso far altro che ricorrere a diversi espedienti che vadano poi a colmare l’assenza di tutti quegli strumenti atti ad un’indagine tale a quella dell’esimio collega Vannini.
Beato chi può disporre di un ambulatorio tutto suo…
Transienti: Picco di corrente elettrica di breve durata che si manifesta in un circuito al variare improvviso delle condizioni di funzionamento.
Dovrei rifletterci e seguire poi le conferenze del Vannini e poi tornare a discorrere…
Antao Sacarolhas
Dottore, da quando glien’ha disconosciuta la natura nervosa, la gastrite del Commendator Cencelli se l’è avuta a male. Ora è lì piegato in due che erutta e borbotta, mano alla fronte fazzoletto alla bocca. Gliel’ho detto che Lei ha studiato da Patafisico, ma lui niente. Il Commenda è un’uomo tutto d’un pezzo, un pezzo d’omo, un bloke preindustriale, un virtuoso del non-nonsense. Tra qualche giorno partirà per Ovada: aria buona, camminate e preboggion, quello che gli ha prescritto il medico della mutua. Mi ha lasciato la vecchia Lancia Delta in rimessa, ha l’acceleratore tenero, e gli fa salire la pressione solo a vederla, coi sedili in pelle che ancora portano impresso il sontuoso culo della signora Marisa (pace all’anima sua). Là gira i pianori con l’Aermacchi diesel e ci carica la spesa giù in paese. La scongiuro, belandi, me lo guardi. Se vuole ce l’accompagno io, Dottore, a casa del Cencelli. Col tàssi a fine corsa s’intende.
Vannini risponda! Onori i suoi obblighi professionali! Maledetto infingardo!
Dott Vannini, guardi qui che caso clinico
…e sarà tenebra eterna e nessun altro colore e le luci si estingueranno e i rumori nel mio cervello soffocheranno nel piumaggio folto che attutisce ogni pensiero con un sudario di innumerevoli piume perché sono lì da sempre nella gola nel gelido cavo del Torrione e ci saranno sempre perché non avranno mai fine i gufi di cui sono figlio i grandi gufi di cui sarò infante e discepolo e sto già dimenticando ogni cosa sarò accolto nelle tenebre immemorabili lontano tra le ombre dei de’ Lamenti e il cuore non soffrirà più sogni e i pensieri più nulla anche la memoria non sarà più mai più e i miei libri svaniranno dalla mente e i poeti cesseranno di esistere perché so che la grande torre ha sempre dominato le mie meditazioni giorno e notte ora dopo ora e se ne andranno i grandi scrittori e il sapere rinchiuso tra i dorsi accarezzati il sapere assopito desto tra le palpebre di pergamena ossessione di secoli che ora non è più anche il mio rimorso è finito per sempre scomparso coi desideri coi sogni e io sono finalmente io completo la meta è raggiunta non desidero altro che gli artigli del torrione e il sobbalzo e il clamore tra le piume una fine una morte dolce l’oblio ecco che monta l’ultima marea di attimo in attimo e la mia gola si stringe ed è cava e circolare come il Torrione delle Selci e le mie dita si incurvano oh la brama dell’imbrunire l’unghia affilata come ago sul velluto ecco le potenze pronte a chiamarmi nel loro seno e ogni angoscia tacerà per sempre… per sempre…nell’annientamento è il trionfo del mio destino perché egli ha preso il suo posto nella lunga linea e avanza ecco il ramo dei de Lamenti che era morto ha gemmato una foglia lucente in Tito frutto dei miei lombi…
(tratto da: Fantasticheria di Sepulcrio, Settantaseiesimo conte di Gormenghast)
Tito di Gormenghast di Mervyn Peake