Sono una maniaca. Da una vita segno su un’agenda ogni cosa che faccio. Di anno in anno. No, nessun pensiero. Banalmente azioni. Ore 8: spesa al supermercato. Ore 10: ritirate ricette dal medico. Ore 12: aperitivo con Ida. Posso andare avanti così annotando anche la cosa più insignificante. Che poi insignificante non è se serve a farti rivivere la tua vita. Faccio poi i riassunti mensili. A trovare genitori tot volte, dalla figlia tot, dai nipoti tot, dai malati dell’ospedale tot.
Tutti i tot confluiscono nel tot annuale. A seconda delle voci mi lancio nei tot quinquennali e decennali. Ho un’intera scaffalatura di agende.
Tutto documentato. Nulla lasciato al caso. Sempre un alibi pronto. Maniaca. Maniaca anche nella devozione. Figlia devota, moglie devota, madre devota, nonna devota.
Ciononostante le circostanze ti sono avverse. Tua madre si lamenta, tuo marito brontola, tua figlia è insofferente, i nipoti pretendono.
E i sensi di colpa lì, sempre pronti a far capolino. Perché se sei devota non è per naturale predisposizione, ma per colpa loro. Sì, proprio di quei maledetti sensi di colpa con cui ti hanno cresciuta.
Ieri non ce l’ho più fatta. All’ennesima critica ho riletto le agende degli ultimi cinque anni con tanto di riassunto mensile e annuale.
Una rilettura attenta in cui risultava chiaramente che tutti avevano avuto i loro tot di attenzioni e di cure. Quelle registrazioni così minuziose e dettagliate parlavano chiaro: tot ad abundantiam per tutti.
Allora ho preso la decisione. Se avessi avuto un camino ne avrei fatta un’immensa fiammata. Non ho camino. Mi sono accontentata di mettere tutte le mie agende in un grande cartone e di darlo alla raccolta differenziata. Non mi servivano più. Per merito loro avevo chiuso con i sensi di colpa.
Sono vecchia. Ugualmente ho girato pagina. Del resto per queste cose il tempo non guarda in faccia all’età.
(In alto: Santarcangelo di Romagna, il muro di una casa come un promemoria)