Alessandro Trasciatti: Il Cavallo Assassino

di Trasciatti il 13 febbraio 2012 · 8 commenti

C’è una cosa che mi colpisce nella biografia di Ferdinand Cheval (1836-1924): i lutti. Facciamo un elenco:
A 11 anni perde la madre.
A 19 anni perde il padre.
A 24 anni perde il primo figlio che ha un anno.
A 37 anni perde la prima moglie.
A 65 anni perde la figlia (25 anni) nata dal secondo matrimonio.
A 73 anni perde l’altro figlio maschio (50 anni circa).
Sugli 80 anni perde anche la seconda moglie.

Lui morirà a 88 anni.  E’ sopravvissuto a tutti. Con quale stato d’animo? Con quale forza? Certamente all’epoca la prospettiva di vita non era quella attuale, si moriva prima. Ma ci si può abituare alla morte dei propri cari? Se ne sono andati tutti: la madre, il padre, un figlio, una moglie, una figlia, un altro figlio, un’altra moglie. Verrebbe da pensare a una maledizione. Oppure forse era lui che li avvelenava. Ci sarebbe materiale per una storia nera e granguignolesca: Cheval, il postino che uccide. Oppure: Un assassino di nome Cavallo. E’ una cosa terribile pensare a questo essere con la vocazione assassina fin da bambino. Strano che poi non abbia ucciso prima il padre. Di solito questi bambini infernali sono edipici, prima ammazzano il padre, poi eventualmente la madre. Però, se penso a Anthony Perkins in Psycho, la madre l’aveva ammazzata lui e poi l’aveva imbalsamata. E l’aveva uccisa per gelosia, perché l’aveva trovata con l’amante. E imbalsamata per senso di colpa, per riparazione. Probabilmente il piccolo Cheval soffriva di nervi fin da piccino e poi aveva trovato sua madre a letto con l’amante. Si sarà detto: Ah sì? Tu vai con l’amante invece di stare con me e con babbo? E allora io ti ammazzo. Come avrà fatto a procurarsi il veleno non è chiaro. In un paesino come Charmes-sur-l’Herbasse non ci sarà stata neanche la farmacia. Magari avrà usato il veleno per topi. Morire di veleno è tremendo. Mi dispiace tantissimo per i topi. C’è una scena di Madame Bovary di Chabrol dove si vede Isabelle Huppert a letto, dopo che si è avvelenata, spalanca la bocca e tira fuori una lingua tutta nera e gonfia. Veramente un orrore. Me la son sognata spesso quella lingua. Come deve stare uno quando gli viene una lingua così?

Ma insomma, a undici anni Cheval avvelena la madre. Grande disperazione del marito contadino che non sa spiegarsi una morte così orrenda. Sorrisi beffardi del bambino Cavallo diabolicamente nascosto dietro una porta. Suo padre comincia a bere dallo sconforto, nei campi ci va sempre di meno. Ferdinand gli tocca fare tutto a lui. Per qualche anno resiste e, anzi, quel padre lì disperato gli fa pena. Però poi comincia un po’ a scocciarsi. Ormai lui è grande, vorrebbe anche andare in giro qualche volta, a qualche festa da ballo, per esempio, perché ci son delle belle ragazze, e poi anche se non sono belle son ragazze, e lui comincia ad averne proprio voglia. Invece gli tocca star sempre lì nei campi e dietro alle mucche nella stalla. Portagli da mangiare, mungile, leva la stalla. Vai a zappare, semina, taglia il fieno, fai la legna. E il padre Cheval che è sempre fisso all’osteria e non fa quasi nulla, al massimo va a vedere se le galline hanno fatto le uova e poi non ce la fa neanche a portarle in casa, sbronzo fisso com’è, barcolla, inciampa e le uova gli cascano nella merda di vacca.  Il giovane Cavallo non ne può più. Sempre a litigare con quel padre babbeo che torna tardi a casa la sera. Alla fine, una di quelle sere lì, prende un bastone e glielo spacca in testa. Anche la testa si spacca. Padre Cheval cade per terra in cucina e non si muove più.

Ora, certo, si pone un problema perché se un contadino di vent’anni (dopo aver avvelenato la madre quando era piccolo) uccide a bastonate il padre, non è una bella storia. Anche se siamo in un paesino della profonda campagna francese di fine Ottocento, qualche problema con la legge il Cavallo Assassino deve avercelo avuto. Nessuno però ne fa menzione. C’è però questo fatto ventilato da qualcuno del militare in Algeria. Forse, più che a fare il militare, c’è stato mandato a scontare la pena in qualche bagno penale, o è stato costretto ad arruolarsi nella legione straniera. Però su questo c’è un certo mistero dei biografi, un imprecisione nebbiosa in cui è bene non addentrarsi per non finire in qualche sabbia mobile.

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Randa febbraio 15, 2012 alle 15:46

Bè, insomma, tanto normale questo Postino Cavallo non lo era mica.

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trascia febbraio 15, 2012 alle 21:51

no, però che fosse un assassino l’ho inventato io

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Randa febbraio 16, 2012 alle 09:43

Le avventure del Cavallo Assassino potrebbero dare vita al primo noir postale.

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piediluc febbraio 16, 2012 alle 00:34

Tu as bien fait Trasciatti! Nous sommes tous des assassins!

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trasciatti febbraio 16, 2012 alle 13:36

Vous disez bien, Piediluc, disez bien!

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megrè febbraio 16, 2012 alle 18:13

ohe!
assassin tu y serais!
moi – par exemple – je suis tout au plus un voleur. un petit voleur.
Eh, trois-chatte! ceci c’est de la bonne matiere pour un roman.
un roman à la “Perfume” avec du grand-guignol dedans.
Surement tu es deja en train de le developper.

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pié febbraio 16, 2012 alle 20:40

Developpement romanesque tout le temps, il me parat que ce bon cheval ressemble un peu dans le visage au peintre Vincent van gogh, qu’est ce que vous en pensez vous? Si par exemple vous prenez votre main et lui couvrez la bouche jusqu’au bout du nez, le regard surtout me fait penser a van gogh

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trascé febbraio 16, 2012 alle 21:49

Bonsoir Megré, bonsoir Pié! Je vous dis que ce portrait de Monsieur Cheval ressemble un petit peu à Van Gogh, c’est vrai. Je pense que ça depend plus de celui qui a fait le portrait plus que de Cheval lui meme, qui était plus mince de Van Gogh et avait un visage assez plus long et ressembait à un cheval, ce qui a determiné son nom. Pour ce qui concerne le Granguignol… il n’y a qu’attendre peu de jours.

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