Linda è una che mi regala i tovaglioli ricamati, io non so che farmene ma lei insiste che ci tiene tanto.
Linda c’è, finché ci sono io, che sono l’ultima in vita tra chi l’ha conosciuta.
Non è che Linda sia nata morta.
E non è nemmeno nata che aveva trentasei anni, o quarantotto.
Quando è nata era appena nata, e ogni giorno ha aggiunto un giorno fino ad arrivare a ottantasette anni, ma non è che avesse smesso di averne venti.
Non è che fosse bella, o almeno, a volte era bella, a volte brutta, a volte sia bella che brutta contemporaneamente, o a qualcuno poteva piacere perché aveva le gambe lunghe, ad altri non piaceva affatto per via del collo da gallina spennata.
Per la sarta è la figlia di Ada, ogni volta che deve prenderle le misure rischia di pungerla con la spilla perché non sta ferma un secondo. Ed è quella bambina che torna a piedi da scuola, passando ogni giorno sotto la finestra di Filippo, per poi sparire dietro l’angolo, dopo il negozio di fiori. Il grembiule blu abbottonato storto nasconde appena le ginocchia nude piene di graffi.
Per la vecchia maestra Giusfredi è un’allieva che prenderà 4 al prossimo compito di matematica, quella ragazzina dovrebbe andare ad aiutare suo padre nei campi, invece di perdere del tempo sui banchi.
A volte suo fratello Luca la spia, mentre fruga nell’armadio di sua madre e indossa il vecchio cappello di paglia, fa le facce allo specchio e si abbassa il vestito sulle spalle, come se ci fosse qualcuno a fotografarla. Per Luigi Necchi, detto il Lupo, è quella ragazza con le dita oblunghe che ogni dieci giorni infila di nascosto il pane e la carne secca nella borsa, aspetta che sia buio e sale fino alla grotta, a volte porta qualche cartuccia per i fucili, resta seduta a guardarli mangiare e appena si placa l’affanno riparte guardinga.
Per Laura Severini, è l’amica con cui divide le sigarette, rubate la sera prima da un paio di pantaloni americani abbandonati per mezz’ora su una sedia.
Per il figlio di Giuseppe Lo Iacono, sono quelle belle cosce a cui pensare quando nessuno può vederlo. Per Francesca Guerritore, è quella cugina che ha baciato un ragazzo con la lingua.
Per Tommaso Vanni, è una notte sudata nel fienile. Per la ditta Giunta di Lucchesi e figli è il numero di matricola 134.
Per Jole, è quella maleducata col pancione che porta il cane a spasso e lo fa pisciare dove gli pare, mentre due bambini mocciosi le corrono davanti senza ascoltare minimamente le sue rumorose raccomandazioni.
Per Nanni dell’ortofrutta, è quella giovane donna con i capelli rossi, ma li avrà sempre avuti rossi? che compra la verdura il martedì mattina e paga alla fine del mese. Per il ragazzino seduto accanto a lei sull’autobus è una tipa vicino ai quaranta che si aggiusta il vestito prima di scendere, dimenticandosi l’ombrello appeso al corrimano. Per il dottor Riotta, è quella donna affaticata e con gli occhi spenti che ha assistito sua madre fino all’ultimo istante, per l’infermiera Ilda è quella donna magra con quel profumo buono, che aspetta nel parcheggio dell’ospedale quell’uomo con l’auto scura.
Per Giorgio, è la donna che lo fa bestemmiare e che gli porta il caffé a letto quando deve farsi perdonare qualcosa. Per Silvia è la sua nonna.
Per L’Inps è Linda Matteucci, a cui andrà la pensione di reversibilità del fu Giorgio Coluccini.
Per la signora Giovanna Bellucci, Linda è quella vecchia rincoglionita che ha dimenticato il gas acceso, rischiando di far saltare tutto il palazzo. Per Alina Nicolescu, sono lenzuola sporche di merda in cambio di settecento euro al mese più vitto e alloggio.
Per il custode del cimitero, è quella bocca con pochi denti, immortalata con un grosso gatto in braccio.
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(In alto: il direttore alla biblioteca nazionale di Praga)