Genova, anni ’60.
Presa dalla frenesia del progresso, in pieno boom economico, la città vuole crescere.
Costretta tra mare e monti si allunga, proprio come un chewing-gum quando lo tiri fuori dalla bocca.
Genova è la mia città. A dirla tutta, non sono proprio nata in centro città, ma in una delegazione, anche se la più importante, Sampierdarena. Leggi tutto…
Vincenzo è uno dei pochi che quando viene al Pantano per cacciare tartufi, entra ed esce con passo leggero, silvano.
Riconosco la macchina, ma, a volte ho l’impressione che un suo doppio sottile, vi abiti in permanenza, comparendo quando meno te lo aspetti o proprio perché te lo aspetti.
In un tempo immemorabile, la natura mischiava le forme, le teneva vicine e anche un essere umano poteva mostrare le fattezze di un luogo o viceversa.
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Saluto con reverenza
togliendomi il cappello
due piccioni agonizzanti
fermi sottomuro
della chiesa marmorea.
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Sono una maniaca. Da una vita segno su un’agenda ogni cosa che faccio. Di anno in anno. No, nessun pensiero. Banalmente azioni. Ore 8: spesa al supermercato. Ore 10: ritirate ricette dal medico. Ore 12: aperitivo con Ida. Posso andare avanti così annotando anche la cosa più insignificante. Che poi insignificante non è se serve a farti rivivere la tua vita. Faccio poi i riassunti mensili. A trovare genitori tot volte, dalla figlia tot, dai nipoti tot, dai malati dell’ospedale tot.
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Questo è il miglior bar del paese. Non è il più bello. È quello in cui il barista parla meno.
Sto aspettando Laura una mia amica. O qualcosa di simile.
Mi sono seduta qui, proprio davanti alla vetrata, guardo la strada. È area pedonale. La gente cammina restringendosi sotto l’ombrello. Piove forte. Ieri c’è stato l’ultimo corso di Carnevale e oggi la pioggia rende tutto ridicolo. Leggi tutto…
Oh, biologo pietoso
prega anche tu
per il fanciullino
morto di freddo
allorché la provetta
cadde, spargendolo,
appena concepito
sul gelido impiantito
del laboratorio.
Lo sfortunato non era neppure
battezzato. Leggi tutto…
Un racconto di Nicola Del Chiaro
Mi sento i muscoli delle cosce a pezzi. L’ultima discesa attraverso quel costone di larici, pini e abeti è stata veramente dura. Mi sarebbe piaciuto farla in salita, per respirare passo dopo pensiero, pensiero dopo passo l’aria misteriosa e le ombre che sbucano tra muschio, rocce, tronchi. Leggi tutto…
Una lettrice, che preferisce restare nell’anonimato, ci manda questo testo. Abbiamo il sentore che ci sia qualche riferimento a persone realmente esistenti, anche se non sappiamo chi.
L’homo selvaticus
L’homo selvaticus ha molti peli sul viso Leggi tutto…